(di Marzia Apice)
LUCIA VISCA, PASOLINI 1922-2022. UN
MISTERO ITALIANO (All Around, pp.176, 20 euro). "Io c'ero la
mattina del 2 novembre, prima di ogni altro giornalista. C'ero e
avevo visto e registrato nella memoria". E' un racconto
appassionante e dettagliato, condotto con "l'obiettivo in
soggettiva" quello offerto da Lucia Visca nel libro "Pasolini
1922-2022", edito da Alla Around, in occasione dei 100 anni
dalla nascita del poeta, ucciso all'Idroscalo di Ostia nel 1975.
Il libro inizia con la cronaca di ciò che Visca, prima
giornalista (allora giovanissima) ad arrivare sul luogo del
massacro, vide quella mattina, quando fu ritrovato il cadavere
di Pasolini. I fatti sono noti: la confessione dell'omicidio
arrivò subito, il 2 novembre stesso, da parte del 'ragazzo di
vita' diciassettenne Pino Pelosi. Una verità ufficiale forse
troppo semplice, una confessione "che non chiude il caso, semmai
apre le porte al mistero", sottolinea l'autrice. Perché di
mistero - forse l'ultimo tra quelli italiani ancora da risolvere
- si tratta: del resto di questa "morte eccellente", in quasi 50
anni si è detto tutto e il contrario di tutto, tra indagini più
volte riaperte, confessioni e omissioni, mandanti rimasti
nell'ombra, celebrazioni all'intellettuale "corsaro" ripetute di
anno in anno non senza qualche retorica. Quella mattina, accanto
al corpo di Pasolini, "scambiato per un sacco di rifiuti", e ai
segni del massacro, "C'erano, forse, i complici dell'assassinio,
quegli ignoti chiamati in causa in ben due sentenze contro il
reo confesso Pino Pelosi. E c'ero io, titolare del casuale
primato di essere stata la prima giornalista al mondo a leggere,
insieme con un poliziotto in po' distratto, il nome 'Pasolini'
sull'etichetta di una camicia a quadri di fustagno indossata
dalla vittima la notte del delitto. C'ero, cronista avventizia e
inconsapevole all'epoca. Ho continuato a esserci, col cuore e
con la ragione, a studiare, ragionare, supporre e cancellare
dalla mente tutte le suggestioni che una storia così si porta
dietro, soprattutto se entra nella tua vita quando hai
vent'anni", scrive con evidente trasporto l'autrice. E'
innegabile che questo delitto sia intriso di echi
cinematografici e letterari, di "indizi" nascosti (o esibiti?)
nella produzione pasoliniana, quasi a suggerire che forse la
fine della vita di Pasolini, la cui voce profetica e il cui
impegno mancano oggi più che mai, non poteva che essere tragica
e diventare emblema di un'esistenza dolorosa, senza salvezza. O
ancora, quasi come se "l'intellettuale ci avesse accompagnato
verso la sua morte". Visca parla di uno strano destino per un
regista, scrittore, poeta, saggista e pensatore "Criticato in
vita, osannato in morte", la cui fine violenta in fondo però è
stata liquidata con troppa facilità. Il riferimento è anche ai
giornali dell'epoca, tutti uguali, nei titoli e nei contenuti:
"Se si fosse guardato un po' più nel profondo e con maggiore
rispetto delle persone coinvolte forse si sarebbe capito prima
quanto era davvero successo in una notte di pioggia
all'Idroscalo di Ostia. Si sarebbero cercate altre notizie,
altre connessioni, altre incongruenze", scrive l'autrice. E
proprio per tentare di chiarire i contorni di questa vicenda
ancora così nebulosa, la giornalista correda il libro di una
preziosa appendice con diversi materiali utili a comprendere,
dall'ultima intervista di Pasolini all'orazione funebre
pronunciata da Moravia il giorno dei funerali del poeta, fino
alla cronologia dei processi a Pelosi. Da non perdere la
fotostoria, a conclusione del volume, con alcuni degli scatti
più rappresentativi della parabola umana e professionale di
Pasolini.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA