Undici minuti di applausi e sonori buu alla regia di Damiano Michieletto da solo una parte del pubblico più tradizionalista per la Medée di Lorenzo Cherubini che ha debuttato ieri sera alla Scala. Applausi calorosi per Marina Rebeka che aveva l'ingrato compito di far dimenticare l'ultimo soprano che al Piermarini ha interpretato l moglie ripudiata di Giasone, ovvero Maria Callas che con questo ruolo si congedò dal pubblico milanese nel 1962 e per tutto il resto del cast oltre che per il coro e il direttore Michele Gamba. Invero gli stessi buu alla elegante e avvincente regia di Michieletto sono stati contestati dagli altri spettatori nella migliore tradizione del teatro (con grida come 'è stato bellissimo, siete morti'). Medée nella versione originale in francese alla Scala non era mai stata eseguita.
Il 14 gennaio è andata in scena senza versi alessandrini del parlato, sostituiti da brevi dialoghi fra i due figli di Medea (drammaturgia di Mattia Palma) mostrando così la tragedia con l'innocenza dei loro occhi. Il risultato è stato sorprendente grazie alla direzione di Michele Gamba che già alla presentazione aveva raccontato lo sforzo di evitare tentazioni romantiche e cercare di rendere, grazie anche all'edizione critica, il suono neoclassico più vicino possibile all'originale. Suono scuro, senza trombe e con quattro corni, che accompagna lo strazio di Medée, anche visivamente dirompente. La scenografia di Paolo Fantin mostra una grande stanza elegante con colori bianco e pastello, come sono anche gli abiti dei protagonisti, disegnati da Carla Teti. Ed è in questo ambiente, al centro del quale c'è la porta della camera dei bambini, che sono il vero tesoro vezzeggiato e coccolato da tutti. Amati da Jason (Stanislas de Barbeyrac) che con loro gioca, viziati da Créon (Nahuel Di Pierro), accuditi da Néris (Ambroisine Bré), che fa loro da tata. In questo ambiente irrompe Medée. Si sente abusata da Jason, che dopo aver conquistato grazie a lei il vello d'oro l'ha abbandonata ed ora si appresta a sposare Dircé (Martina Russomanno). Lei è spezzata, anche negli abiti, sporchi di fuliggine e strappati. Ha con sé le rovine del fuoco che l'ha arsa e che man mano invade la scena in un crescendo di drammaticità, fino all'uccisione dei due figli, la distruzione di tutto ciò che la lega a Jason. Il risultato è uno spettacolo mai scontato, elegante, visivamente emozionante con un successo personale per la drammaticità di Marina Rebeka e la direzione di Gamba, senza dimenticare il coro e la compagnia di canto. Da applausi (nonostante le incomprensibili contestazioni da una parte del loggione) anche la regia di Damiano Michieletto.
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