La classifica è solo provvisoria,
con ogni probabilità destinata ad essere rivoluzionata con il
voto del pubblico e della giuria delle radio. Ma intanto loro si
godono la vetta e tengono alta la bandiera del cantautorato in
un cast allargato, che punta a rispecchiare le tendenze del
mercato e dello streaming: Brunori Sas, Lucio Corsi, Simone
Cristicchi, con Giorgia e Achille Lauro sono nella top five -
non in ordine di piazzamento - di un festival che ha riservato
applausi convinti anche a Francesco Gabbani.
"Dopo aver saputo che ero nella cinquina ero incredulo",
ammette con un sorriso Lucio Corsi, l'outsider del festival con
la sua Volevo essere un duro. "Durante l'esibizione non ci ho
capito niente, non ho avuto mai un occhio così grande della
telecamera". Per Corsi "è una bella cosa" che ci sia la quota
cantautori al festival: "Anzi, penso che il premio Tenco debba
avere la stessa luce, la stessa rilevanza di Sanremo in Italia:
sembra una follia, ma immaginate per un attimo se ci fossero due
grandi eventi per la musica italiana, in diretta".
Essere a Sanremo, "con il mio esiguo seguito sui social, è
come la battaglia di David contro Golia. Sono ultimo come
ascolti mensili su Spotify", ammette Cristicchi che ha colpito
al cuore con il brano Quando sarai piccola, dedicato alla madre
malata. "Credo tuttavia che la poesia non si debba basare su
numeri ma su altri parametri imponderabili. Un artista come me
non è avvezzo a certe dinamiche, ma oggi ha questa opportunità
di far ascoltare la sua voce a milioni di persone". E ricevendo
il premio Lunezia definisce il suo lavoro "cesellare le parole e
cercare di dare una dignità letteraria ai testi delle mie
canzoni e dei miei spettacoli teatrali".
Brunori Sas, che con L'albero delle noci canta il nuovo
sguardo sul mondo legato alla paternità, è "molto felice" di
essere arrivato a Sanremo dopo 15 anni di carriera: "Ora ho le
spalle larghe, non sarei stato pronto 7-8 anni fa". E spiega:
"Non nascondo il mio amore per la tradizione cantautoriale degli
anni Settanta, ma non mi sento un paladino dei cantautori, ce
sono tantissimi. Sono contento perché si danno a volte le cose
si danno per scontate, è bello sapere che la canzone d'autore è
ancora rappresentata". Poi ironizza sulla possibile vittoria al
festival: "In realtà mi piacerebbe andare all'Eurovision, ho già
l'outfit pronto".
Gabbani ha archiviato "il momento sgomitante, con la voglia
di dimostrare, di prendermi il mio spazio, anche un po'
provocatorio, rappresentato ad esempio da Occidentali's Karma".
Viva la vita, spiega, "è un brano che rappresenta bene
l'approccio che ho in questa fase, la fantomatica serenità,
l'equilibrio esistenziale", "l'accettazione del fatto che certe
verità non le sappiamo, una risposta esplicita sul senso della
nostra vita non la abbiamo e forse non la avremo mai".
Willie Peyote è convinto che "la riserva indiana" dei
cantautori "si stia difendendo piuttosto bene al festival: in
realtà - riflette - veniamo da una tradizione molto
cantautorale, che fa parte di tutti noi come ascolto. Auguro ai
cantautori in gara il meglio".
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