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Io scrivo, un laboratorio per vincere la malattia

Io scrivo, un laboratorio per vincere la malattia

Con D'Errico su Rai3, 12 pazienti oncologiche a scuola scrittura

ROMA, 04 gennaio 2020, 11:21

Daniela Giammusso

ANSACheck

Matilde D 'Errico nel docu film Io scrivo in onda su Rai3 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Matilde D 'Errico nel docu film Io scrivo in onda su Rai3 - RIPRODUZIONE RISERVATA
Matilde D 'Errico nel docu film Io scrivo in onda su Rai3 - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Tutte noi che siamo in quest'aula abbiamo avuto la stessa diagnosi. Tutte noi possiamo pronunciare le stesse parole e capirne il significato". Parte da qui il nuovo viaggio di Matilde D'Errico, scrittrice, regista, per Rai3 autrice di "Amore criminale" e conduttrice di "Sopravvissute" (entrambi di ritorno dal 19 gennaio), ora al centro di "Io scrivo. Cronache dal pianeta cancro", docu-film tratto dal laboratorio di scrittura che lei stessa ha realizzato per le pazienti oncologiche del Policlinico Gemelli di Roma, in onda il 4 gennaio, in prima serata, sempre sulla terza rete.

"Tutto nasce dalla mia esperienza personale", racconta all'ANSA la D'Errico che nel 2016, "durante un normale controllo", scopre e affronta un tumore al seno. "La prima emozione? Paura, paura di morire", ammette. Ma proprio durante le cure e i controlli l'autrice conosce il reparto di Terapie integrate del Gemelli dove "accanto ai protocolli medici ufficiali se ne affiancano altri per migliorare la vita delle pazienti. Così ho proposto alla onlus Susan G. Komen Italia di realizzare un laboratorio di scrittura per le pazienti oncologiche, perché scrivere - riflette - significa riconoscere le emozioni forti che genera l'incontro con la malattia. E imparare a governarle". Una classe speciale che è tornata sui banchi per studiare regole di drammaturgia e manuali di scrittura, la cui esperienza - tuttora in corso con un secondo laboratorio - è diventata poi il docu-film che oggi racconta il viaggio di dodici donne con cancro al seno, la vita dei medici e degli infermieri che le hanno in cura al reparto di Senologia del Gemelli e le attività della onlus Susan G. Komen Italia da sempre impegnata nella lotta a questa malattia. "Dodici donne - prosegue l'autrice - che probabilmente non si sarebbero mai incontrate nella vita 'normale': dalla carabiniera della forestale alla psicoterapeuta, una casalinga, l'impiegata amministrativa, l'insegnante di inglese, due funzionari pubblici. C'è chi è sposata, chi ha figli. Chi per la prima volta ha pronunciato la parola 'cancro', chi in questa battaglia si è sentita più forte di prima. Ma tutte nel laboratorio hanno scoperto di avere un patrimonio comune. Fra di noi possiamo pronunciare le stesse parole e capirne il significato". La scrittura diventa così strumento per tracciare confini, mettere distanza, conoscere sé stessi anche in una fase delicata come la malattia e la cura. Partendo dalla propria esperienza, lezione dopo lezione, la D'Errico insegna a queste donne a raccontarsi, perché attraverso la scrittura si esternano e comunicano, in modo intimo, emozioni, paure, sensazioni, riflessioni. E si sconfigge il senso profondo di solitudine che spesso si sperimenta nella malattia. Non a caso, la scelta di quel titolo.

"'Io scrivo' è come dire 'Io esisto', 'io ci sono' - prosegue la D'Errico - Io stessa nel mio percorso ho scritto molto, a mano, così come ho chiesto nel laboratorio, perché fosse uno sforzo anche fisico. Non so cosa farò di quegli scritti. In parte li ho raccontanti nel laboratorio". Perché un docu-film? "La speranza è che oltre alla vita delle pazienti e dei medici, possa divulgare messaggi importanti. Innanzitutto, la prevenzione. E poi, quanto sia fondamentale cogliere la propria fragilità, permettersi di avere paura, ma vivere la malattia come occasione per conoscersi. Con le pazienti - conclude - abbiamo lavorato sul Viaggio dell'eroe di Vogler. Ecco, come quell'eroe deve superare delle prove fino ad arrivare alla caverna più recondita, penso che anche con una diagnosi di cancro al seno devi arrivare lì, sfiorare con la mano il muro della caverna e poi mettercela tutta per testimoniare che si può tornare indietro e sopravvivere". 

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