CHARLES DICKENS (a cura di Giovanni Puglisi e Gabriele Miccichè), IL VIAGGIATORE SENZA SCOPO (Bompiani, pp.374, 19 Euro)
Per chi sceglie di non essere un semplice turista ma un vero viaggiatore, il tempo del viaggio è una dimensione del tutto particolare, le cui caratteristiche sono difficili da descrivere. A meno che non si ricorra alle parole di Charles Dickens, più precisamente a quelle utilizzate dal celebre scrittore inglese ne ''Il viaggiatore senza scopo'', raccolta di racconti scritti a partire dal 1860 che Bompiani pubblica per la prima volta in Italia in una versione a cura di Giovanni Puglisi e Gabriele Miccichè (traduzione Alfonso Geraci).
Ironica, leggera, sempre penetrante e incisiva, la prosa di Dickens è quella che rimanda non a un ''libro di viaggio, ma al diario di un viaggiatore'', come scrive Puglisi. A spiegarlo è anche lo stesso autore, che parlando di sé, si definisce ''sempre sulla strada'', a ''vagabondare di qua e di là'', e dà come credenziali il fatto di ''viaggiare per conto di una grande azienda, la Fratelli di Vita Vissuta''. Oltre alla nitida bellezza del testo dickensiano, quello che sorprende è la modernità che lo caratterizza.
La capacità di leggere tra le righe della realtà indipendentemente dai temi trattati, di cogliere l'anima delle persone solo osservando un tic, un'espressione o un gesto, di affrontare questioni sociali e politiche attraverso la descrizione accurata e profonda di un oggetto, una strada, un luogo, e ancora quel dono speciale di saper illuminare ogni argomento con la forza della verità e della perspicacia sono ciò che rende quest'opera ancora oggi capace di parlare ai nostri tempi senza timore di apparire obsoleto.
Nel libro i 38 racconti non soltanto descrivono il mondo ottocentesco dello scrittore, ma sembrano rimandare a una sensibilità che ha guadagnato campo nella nostra società e che ha molto a che fare con la volontà di lasciare una testimonianza proprio attraverso il viaggio.
Perché Dickens ogni volta che esce dal suo appartamento londinese a Covent Garden, non importa se per rimanerne vicino o al contrario per intraprendere un lungo percorso, sa che il suo obiettivo è quello di raccontare una storia, anche grazie all'attenzione spasmodica (e pure questa modernissima, se si pensa che il cinema ancora non esisteva) nei confronti dell'immagine, come dimostrano le illustrazioni con cui correda i suoi scritti.
Un approccio nuovo per la sua epoca e per l'appunto attuale anche negli anni che oggi viviamo, in cui sempre di più i viaggiatori di tutto il mondo sono spinti a cercare di creare il ''proprio'' viaggio e di andare oltre ciò che abitualmente viene offerto al turista, evitando cioè quei viaggi preconfezionati con i soliti luoghi, i soliti itinerari e le solite emozioni. Da qui, complice la rivoluzione digitale, il proliferare di blog, forum e fotografie postate sui social network.
Una voglia e un'esigenza di raccontare e condividere che sembrano frutto della contemporaneità, mentre invece un viaggiatore come Dickens, un po' flaneur un po' esploratore, con l'intuito del giornalista e il piglio poetico del letterato, le aveva già interpretate ed espresse al meglio un secolo fa. E allora guardare indietro negli anni ci fa capire che anche questa volta non abbiamo inventato niente e che il passato quando è grande sa sempre raccontare qualcosa di nuovo.
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