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Temi caldi
(di Elisabetta Stefanelli)
ARIANNA FARINELLI, 'STORIA DI UNA
BRAVA RAGAZZA'(Einaudi Stile Libero, pag. 194, Euro 17,50). ''La
speranza non l'ho persa però ci vorrà tanto impegno e tanta
determinazione - da parte degli uomini e delle donne - perchè
le nuove generazioni non debbano convivere con le umiliazioni e
il pregiudizio con i quali abbiamo convissuto noi''. A parlare è
Arianna Farinelli, una giovane donna, appena quarantenne, con
una figlia adolescente che le chiede che cosa abbia fatto la sua
generazione per le donne. Come lo chiedeva la generazione prima
a quella prima ancora e indietro, e lei risponde che ci siamo
illuse di vivere in un mondo in cui la parità esisteva.
Illusione che dura da decenni forse e sembra tenerci ferme
sempre allo stesso punto, anzi al massimo si torna un pochino
indietro come sta accadendo negli ultimi anni. La politologa va
a ritroso infatti in questo libro, 'Storia di una brava
ragazza', di appassionata e appassionante autobiografia in cui
parte dalla sua infanzia nella periferia romana. ''Sei solo tu
che puoi darti un valore, dice. Io ti conosco, conosco la tua
storia. Ecco forse dovresti provare a raccontarla''. E lo fa
scegliendo il racconto autobiografico appunto, partendo dal
sesso di sua madre, ''l'ingresso di una tana, l'entrata di una
grotta che la natura aveva ricoperto con un fitto intreccio di
piante rampicanti, quell'oggetto misterioso che segna la
differenza tra uomo e donna''. ''Dove non arriva il diritto
forse può arrivare l'arte'', chiosa la moderatrice di un
convegno di giuristi sui diritti delle donne dove si trova a
leggere proprio quelle pagine, e se ne vergogna, accolta da una
esplosione di applausi. Prima però arriva la vita ed è quella
che Farinelli racconta in queste pagine, i soprusi dell'infanzia
di borgata, le molestie e la violenza che alla fine si ha il
coraggio di raccontare alle amiche (''Di certo a tutte, nessuna
esclusa, era capitato di pensare che fosse colpa nostra''),
l'essere schedata per le misure come un animale (''i compagni di
classe ci mettevano i voti quando uscivamo dagli spogliatoi''),
la solitudine, il desiderio di riscatto sociale e la voglia di
fuga, fare la differenza con il rispetto conquistato con valore
negli studi, la nuova vita a New York (''Arrivai a New York
nell'estate del 2000, uno dei tanti cervelli in fuga che andava
a specializzarsi lì. Partii senza indugi, carica di speranze,
come se la strada per l'estero fosse più percorribile e meno
accidentata di quella che dal mio quartiere portava in centro'')
l'amore e il tradimento, la famiglia e l'abbandono. Ci si
ritrova alla fine a doversi reinventare come persona a capire
che tutto quello che è accaduto è conseguenza di altro. ''La
nostra generazione ha creduto a lungo che il sessismo fosse un
tema del passato, un fatto superato dal progresso. E quindi per
molti anni abbiamo rinunciato a parlarne, a scriverne''. Non
rinunciare, alla fine, è la parola d'ordine.
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