(di Daniele Carotti)
Una "mega-lavatrice" di denaro di
provenienza illecita che poi ritornava in Cina, anche tramite
bonifici su conti virtuali in base a fatture false, o
reimpiegato in Italia in attività di ristorazione, auto di lusso
o acquisto di immobili. E' ciò che hanno scoperto con
l'operazione "No name", i finanzieri del Comando provinciale di
Ancona i quali, su delega dell'European Public prosecutor's
Office (Eppo) con sedi a Milano e Bologna, hanno smantellato
un'associazione per delinquere di matrice cinese finalizzata a
frode fiscale internazionale e al riciclaggio: eseguite nove
misure cautelari personali e sequestri per 116 milioni di euro
alla banda radicata in particolare nel Maceratese, con
ramificazioni in varie regioni.
Circa 500 i milioni di euro sottratti a tassazione, tre
miliardi di transazioni effettuate tramite una banca abusiva
gestita da persone di origine cinese, con tre sportelli tra cui
un'agenzia viaggi, un cash and carry e un'abitazione (a
Civitanova Marche, Trodica di Morrovalle e Corridonia) dai quali
il denaro viaggiava sotto traccia e veniva trasferito tramite
corrieri o con prelievi in contanti in cambio di bonifici per
fatture false: su questo scambio l'organizzazione percepiva una
provvigione e gli utenti, anche imprenditori italiani, avevano
liquidita nascosta.
Sette le persone arrestate (due promotori in carcere, cinque
ai domiciliari, tra cui un italiano, con braccialetto
elettronico), per due obbligo di firma alla polizia giudiziaria;
44 gli indagati e 33 i destinatari di sequestri nelle Marche e
in altre 21 province in Puglia, Emilia Romagna, Veneto, Abruzzo,
Toscana, Campania, Piemonte e Lazio. Sequestrati nove immobili,
una cittadella commerciale (a Civitanova Marche), conti
correnti, auto di lusso tra cui due Porsche, e cinque ristoranti
cinesi (con permesso di continuità imprenditoriale) a Urbino,
Ancona, Civitanova Marche, Porto Sant'Elpidio e Senigallia. I
dettagli dell'operazione illustrati ad Ancona dal comandante
regionale Marche delle Fiamme Gialle, generale Nicola Altiero,
dal comandante provinciale di Ancona generale Carlo Vita, dai
vertici Nucleo Polizia economico finanziaria, colonnello Ciro
Castelli, e del Gico, tenente colonnello Peppino Abruzzese.
L'indagine, eseguita anche avvalendosi di interpreti cinesi e
con l'esame di chat, è partita dall'osservazione di imprese
cinesi 'apri e chiudi' in cui confluivano denaro e fatture per
poi sparire. La provvista, hanno accertato i finanzieri,
derivava dall'importazione di merce (abbigliamento e accessori)
fatta arrivare con oltre 400 container: con vari artifizi e
triangolazioni tramite ditte inesistenti in Grecia e Bulgaria,
l'organizzazione eludeva l'Iva e gran parte dei dazi doganali
per la merce, sottovalutata nei carichi, che veniva venduta in
nero in esercizi in Italia. Una procedura che forniva una gran
mole di denaro, ripulito tramite la banca sotterranea. Alla
frode contribuivano anche imprenditori italiani che fingevano di
pagare fatture fantasma con bonifici a conti in apparenza Ue, ma
destinati a tornare in Cina dopo aver eluso l'anti-riciclaggio,
transitando in vari stati tra cui Grecia, Bulgaria, Francia,
Spagna, Germania, Estonia, Irlanda, Gran Bretagna.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA