"Quello che ho l'occasione di
lanciare oggi è davvero un grido d'allarme, di grande
preoccupazione", sottolinea Aurelio Regina in audizione.
"Ormai da anni Confindustria - evidenzia l'associazione degli
industriali - ripete quanto sia necessaria una strategia
energetica che permetta alla manifattura italiana di poter
competere con il resto d'Europa e del Mondo. Il picco della
crisi del 2022 ci ha mostrato chiaramente i nostri punti di
debolezza e solo grazie alla sinergia tra le imprese e le
istituzioni siamo riusciti ad evitare una desertificazione
industriale. Non dobbiamo però farci ingannare, perché problemi
strutturali non possono essere risolti con misure contingenti ed
emergenziali. Non a caso, l'Italia rimane il mercato elettrico
Oggi, per gli industriali "sicuramente è importante trasformare
il nostro parco impianti, considerando l'opzione nucleare nel
medio termine a beneficio anche della sicurezza nazionale, ma
non si può prescindere da azioni concrete per ottenere una
riduzione del costo dell'elettricità e del gas per le imprese
già nel breve termine. L'alternativa, per citare John Maynard
Keynes, è accettare che 'del lungo periodo siamo tutti morti'".
La proposta, che per Confindustria può portare risparmi per 5
miliardi di euro, è concentrata su possibili modifiche
all'articolo 8 del provvedimento al centro dell'audizione, il
disegno di legge di conversione in legge del decreto 'recante
misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di
particolare emergenza, nonché per l'attuazione del Piano
nazionale di ripresa e resilienza'.
"Nel rapporto Draghi - evidenzia ancora l'analisi di
Confindustria - è ben illustrato come per mantenere la
competitività industriale, l'Ue dovrà bilanciare la traiettoria
di decarbonizzazione con politiche che proteggano l'industria da
concorrenza sleale e dipendenze estere. Per preservare la
resilienza dell'industria italiana nel lungo termine, oltre a
promuovere gli investimenti in tecnologie a basse emissioni di
carbonio, servono anche e soprattutto prezzi dell'energia
confrontabili con quelli degli altri Stati membri e dei Paesi
extra-Ue. I costi energetici elevati rappresentano una barriera
significativa per la crescita industriale, in particolare per i
settori ad alta intensità energetica, che hanno visto una
riduzione della produzione del 10-15% dal 2021 a livello Ue".
"La principale motivazione del divergente prezzo
dell'elettricità sul mercato all'ingrosso fra l'Italia e gli
altri Paesi "è la differente struttura del mix di generazione,
in Italia storicamente legato al gas naturale, su cui grava
anche il costo della CO2 del sistema Ets trasferito sul prezzo
pagato da tutti i consumatori". E "lo scenario presente non
mostra chiari segnali di miglioramento perché ad inizio 2025 si
sono aggiunti ulteriori elementi di incertezza: la conferma
dello stop dei flussi gas via tubo dalla Russia all'Europa
attraverso l'Ucraina per la fine dell'accordo di transito; la
rapida discesa del livello di riempimento degli stoccaggi gas,
che a livello Ue è ora al 69%, livello inferiore alla media
degli ultimi 5 anni; l'attesa per le politiche energetiche della
nuova amministrazione statunitense".
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