Dai vini al cibo, dallo spumante
all'alta moda. Oltre alle auto già pesantemente colpite dai dazi
americani a preoccupare l'industria italiana è il cuore del made
in Italy, il suo export verso gli Stati Uniti. Le esportazioni
Oltreoceano sono arrivate a oltre 67 miliardi secondo
l'osservatorio economico sui mercati esteri del Governo, le
importazioni hanno superato i 25 miliardi. Secondo le ultime
proiezioni del Csc di Confindustria i solidi legami produttivi
tra le due sponde dell'Atlantico sulla chimica e il farmaceutico
"potrebbero essere un deterrente alla rincorsa tariffaria" ma
oltre il 70% dello stock di capitali investiti dalle imprese
farmaceutiche Ue nei paesi extra-UE è diretto negli Usa; la
quota è la stessa per le multinazionali farmaceutiche tedesche
mentre quelle italiane sfiorano il 90%.
Prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici con
oltre 8 miliardi nel 2023 figuravano sul podio merceologico
nell'export verso gli Usa. Ma gli States rappresentano anche il
terzo mercato per le esportazioni della moda italiana, con un
interscambio commerciale da gennaio a ottobre 2024 di ben 4,5
miliardi per la moda, 3,1 miliardi per i settori collegati
affermano le associazioni di categoria.
Il blocco delle spedizioni di vino verso gli Stati Uniti a
causa dei timori legati ai dazi potrebbe costare 6 milioni al
giorno alle cantine italiane, afferma la Coldiretti, con un
danno economico immediato al quale rischia di aggiungersene uno
a livello strutturale, con la perdita del posizionamento del
prodotto sugli scaffali statunitensi. C'è la preoccupazione del
mondo del vino Made in Italy, proprio alla vigilia del Vinitaly,
rispetto alle incertezze legate all'annuncio del presidente
americano Donald Trump di imporre tariffe aggiuntive che
potrebbero arrivare fino al 200% sulle bottiglie europee. Con il
96% dell'export agroalimentare verso gli Usa che viaggia su
nave, secondo l'analisi Coldiretti su dati Istat, "il timore è
che i carichi possano arrivare a destinazione quando i dazi sono
già scattati. Le minacce di Donald Trump di mettere un dazio sui
vini europei rischierebbe inoltre di danneggiare pesantemente le
esportazioni di bottiglie tricolori che nel 2024 hanno raggiunto
il valore di 1,94 miliardi di euro negli Stati Uniti, secondo da
una analisi Coldiretti/Filiera Italia diffusa quando il
presidente Usa aveva annunciato l'intenzione di imporre una
tariffa aggiuntiva su rossi, bianchi e champagne come ritorsione
contro la decisione dell'Ue di colpire il whisky made in Usa.
Sarebbe una misura estrema ritoccare i dazi che potrebbe
compromettere un percorso che negli ultimi venti anni ha visto
le vendite negli Stati Uniti quasi triplicate in valore, con un
incremento del 162%, secondo i dati Istat elaborati
dall'associazione agricola, tanto da rappresentare circa un
quarto delle esportazioni totali di vino italiano. Quasi un
terzo del totale è rappresentato dagli spumanti. Gli Usa, spiega
la confederazione, sono anche il primo consumatore mondiale di
vino con 33,3 milioni di ettolitri, secondo dati Oiv, e per
l'Italia rappresentano in valore il mercato più importante.
Nuovi dazi metterebbero a rischio un mercato florido per le
nostre aziende ha sottolineato nei giorni scorsi la
Cia-Agricoltori Italiani, stimando che i nuovi dazi minacciati
da Trump rischierebbero di far saltare l'11% di tutto l'export
agroalimentare italiano (69 miliardi), con un impatto economico
devastante sulle eccellenze del Made in Italy, appunto. Il
rischio, aveva evidenziato la confederazione agricola, è ben
peggiore rispetto ai dazi del 2019 che ebbero effetto solo per
un anno e furono imposti al 10%, mentre adesso si ipotizza un
possibile 25%. Cia ricorda che i dazi doganali maggiorati
potrebbero riguardare formaggi, salumi e alcuni alcolici, mentre
ora, ad essere minacciati, sono anche prodotti come vino, olio
extravergine d'oliva e pasta e la durata potrebbe interessare
tutto il mandato presidenziale. Tutto ciò avverrebbe in un
momento in cui si può parlare un vero e proprio boom di vendite
tricolori negli Usa per l'agroalimentare italiano, con 7,8
miliardi di euro e un +17% sul 2023, che ha visto gli Stati
Uniti scalzare, seppur di poco, la Francia dal secondo gradino
del podio dei paesi di destinazione del nostro export
agroalimentare.
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