"Il salario minimo per legge non è la
soluzione: rischia di indebolire i salari, aumentare la
frammentazione contrattuale e compromettere il welfare
contrattuale conquistato con anni di negoziazione tra le parti
sociali". È questa la posizione espressa dai rappresentanti di
Confartigianato Imprese e Cna in occasione dell'audizione
odierna presso la Commissione Lavoro del Senato.
Le due confederazioni hanno ribadito la contrarietà
all'introduzione di un salario minimo legale, sottolineando come
l'esperienza della contrattazione collettiva - applicata a oltre
il 96% dei lavoratori del settore privato - abbia garantito, nel
tempo, retribuzioni coerenti con i principi dell'articolo 36
della Costituzione, tutelando la dignità del lavoro e
l'equilibrio economico delle imprese.
"Imporre per legge una soglia salariale unica - hanno dichiarato
i rappresentanti di Confartigianato e Cna - significa ignorare
le differenze tra settori, territori e qualifiche professionali,
con il rischio concreto di livellare i salari verso il basso".
Le Confederazioni hanno inoltre evidenziato come il salario
minimo legale non risolverebbe problemi strutturali come il
lavoro nero e il dumping contrattuale, fenomeni che vanno invece
contrastati con il rafforzamento della vigilanza e degli
strumenti di controllo.
In linea con quanto indicato dalla Direttiva (UE) 2022/2041 e
dal recente documento del CNEL, Confartigianato e CNA richiamano
l'attenzione sul ruolo centrale della contrattazione collettiva,
definendola "la vera sede dove si determina non solo il giusto
salario, ma anche un sistema di tutele integrative che nessuna
legge può replicare: sanità integrativa, previdenza
complementare, formazione, conciliazione vita-lavoro".
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