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Raid aerei israeliani sullo Yemen: 'Colpiti obiettivi degli Houthi'

Raid aerei israeliani sullo Yemen: 'Colpiti obiettivi degli Houthi'

Jolani: 'Non minacciamo l'Occidente'. Donne in piazza a Damasco

ROMA, 19 dicembre 2024, 20:14

di Fabio Govoni

ANSACheck
Israele,  'colpiti obiettivi militari Houthi in Yemen ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Israele, 'colpiti obiettivi militari Houthi in Yemen ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Israele ha scatenato una tempesta di fuoco sullo Yemen in piena notte. In risposta al lancio di due missili, abbattuti dalla contraerea, rivendicato dai ribelli sciiti filoiraniani Houthi, l'Idf ha colpito in una serie di "attacchi mirati" contro "obiettivi", inclusi porti, centrali elettriche, depositi di carburante, navi, fra la capitale Sana'a e la costa occidentale, incluso il porto di Hodeida. "Leader Houthi, siete avvertiti: il lungo braccio di Israele raggiungerà anche voi", ha dichiarato il ministro della Difesa, Israel Katz, parlando per sottintesi al manovratore iraniano. Almeno 9 i civili morti, secondo un bilancio della milizia yemenita, che promette che gli attacchi continueranno e il cui portavoce, Yahya Saree, aveva rivendicato il lancio di due "missili ipersonici" mirati a "due obiettivi specifici e sensibili nell'area occupata di Yaffa (nome arabo di Jaffa)", alle porte di Tel Aviv. Intercettati, secondo l'Idf, appena fuori dallo spazio aereo israeliano.

E se l'Iran ha gridato alla "flagrante violazione", Benyamin Netanyahu a caldo ha detto: "Gli Houthi hanno imparato e impareranno battendo la testa al muro che chi colpisce Israele pagherà un prezzo molto caro". Secondo il premier israeliano, "dopo (la fine di) Hamas, di Hezbollah e del regime degli Assad in Siria, gli Houthi sono rimasti l'ultimo braccio dell'Asse del male dell'Iran": un riferimento al cosiddetto asse della resistenza costruito da Teheran e andato in frantumi negli ultimi mesi di guerra.

Intanto nella Siria ancora indefinita e in bilico, su cui si appuntano timori e aspettative, per la prima volta una manifestazione di donne ha invaso la piazza degli Omayyadi, nel centro di Damasco, nella cui moschea il nuovo leader Abu Mohammad al-Jolani, aveva tenuto il suo primo discorso da vincitore. La piazza ha rivendicato diritti di genere, democrazia, uno Stato laico e non confessionale e teocratico, sul modello imposto dai lupi talebani afghani, che hanno gettato gli abiti da pecora dopo pochi mesi.

Proprio da al-Jolani sono arrivate nuove rassicurazioni in un'intervista alla Bbc, in cui per la verità si è mantenuto un po' vago sul futuro interno, spiegando solo che "sarà un comitato di esperti legali a scrivere la nuova costituzione".

Ricordando però che "la Siria è molto diversa dall'Afghanistan e ha tradizioni diverse" e dicendosi a favore dell'istruzione femminile, già garantita a suo dire nella provincia di Idlib, dalla quale è iniziata la marcia trionfale verso Damasco. Quanto ai rapporti con la comunità internazionale, al-Jolani ha detto che i siriani sono "sfiniti dalla guerra" e non intendono "minacciare i Paesi vicini o l'Occidente". Secondo lui, la nuova milizia-ombrello Hayat Tahrir al-Sham (Hts) dovrebbe essere cancellata dalla lista delle organizzazioni terroristiche da parte di Onu, Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito, perché "non ha mai colpito civili o aree abitate dai civili". E la Siria dovrebbe essere alleggerita dal peso delle sanzioni internazionali, perché, ha detto il nuovo leader, "erano fatte per colpire il vecchio regime", mentre "vittima e il carnefice non dovrebbero ricevere lo stesso trattamento".

Un auspicio, quest'ultimo, che ha trovato una prima sponda nel segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, che ha accennato alla possibilità di togliere le sanzioni alla Siria come "gesto solidale": "Dovrebbe esserci almeno un primo gesto di solidarietà con il popolo siriano finché non saranno soddisfatte le condizioni per la rimozione di tutte le sanzioni", ha affermato, evocando la "fiammella di speranza" che si è accesa, nell'incendio generale del Medio Oriente, con la caduta del sanguinario regime degli Assad, e che "non si deve spegnere". Da qui la richiesta anche a Israele di mettere fine ai suoi raid aerei che violano l'integrità e la sovranità siriane.

Da Istanbul, dove ha riunito i maggiori stati musulmani del D-8, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha invitato a unirsi per isolare lo Stato ebraico, imponendo sanzioni e incoraggiando le azioni penali, conscio di rivolgersi anche ai suoi rivali diretti, in primis l'Iran, al quale aspira a togliere la bandiera di attore protagonista nel Medio Oriente dopo lo scacco in Siria.  

 

 

 

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