Si tinge di celeste il firmamento della politica nel Regno Unito. È il colore di Reform UK capeggiato da Nigel Farage, già tribuno della Brexit e amico di lunga data del presidente americano Donald Trump: il suo partito è dilagato persino oltre le previsioni favorevoli di tutti i sondaggi nella tornata di elezioni locali svoltesi in alcuni territori dell'Inghilterra. Voto limitato, ma indicativo, che dà concretezza all'opa lanciata da questa forza trumpiana in salsa britannica sugli assetti consolidati di un'isola storicamente tradizionalista. Fino a mettere in discussione in prospettiva - nelle analisi del professor John Curtice, sondaggista di riferimento della Bbc - l'ipoteca sul potere segnata nel Regno dall'alternanza secolare fra la parrocchia del Labour e quella Tory.
Si tratta di un risultato che riflette anche l'andamento delle rilevazioni nazionali più recenti, concordi nell'indicare Reform in corsa per la palma di primo partito del Paese, se la tendenza proseguirà per qualche anno fino alle prossime elezioni generali. Mentre umilia alle urne il governo Starmer, al primo test elettorale di rilievo dalle politiche del luglio 2024 e dal ritorno a Downing Street dei laburisti sotto la leadership moderata di sir Keir dopo 14 anni di assenza. E suggella, almeno per ora, il netto sorpasso per il predominio a destra di Farage e soci sui conservatori, avvitati in una crisi che resta profonda malgrado il tentativo di affidarsi alla guida di una nuova pasionaria anti-woke come Kemi Badenoch.
A sancire la vittoria indiscutibile dei celesti e della loro agenda anti-immigrazione (populista, secondo i detrattori) è stato il trionfo messo a segno nella singola elezione suppletiva per il rinnovo del seggio di un deputato della Camera dei Comuni che ha affiancato la consultazione amministrativa. Seggio blindato da decenni per il Labour, nel collegio di Runcorn and Helsby, lungo il cosiddetto 'muro rosso' dell'Inghilterra centro-settentrionale, ma espugnato sul filo di lana da Sarah Pochin, ex giudice di pace destinata ora a rimpolpare il drappello di Reform al Parlamento di Westminster: con un mega travaso di consensi pari a circa il 20% rispetto a meno di anno fa, al di là dei soli 6 voti 6 di scarto sulla laburista Karen Shore. Presagio di una svolta testimoniata dalla parallela conquista da parte della formazione guidata dall'ammiratore inglese di Trump di centinaia di seggi nei 23 consigli locali in palio, una decina dei quali Reform (che partiva da quota zero ed è adesso largamente primo partito) potrà guidare con la maggioranza assoluta. Nonché con l'inedita ascesa sulla poltrona di sindaco di un'area urbana (una delle sei in lizza ieri, quella di Greater Lincolnshire) ad opera di un nuovo acquisto di Farage: Andrea Jenkyns, ex deputata Tory ed ex sottosegretaria all'Istruzione, orfana di Boris Johnson, passata armi e bagagli nello schieramento di una destra più radicale.
"Il panorama politico del Paese è del tutto cambiato", ha esultato a caldo Nigel Farage con una risata omerica delle sue, evocando "la perdita di fiducia" abbattutasi sul governo Starmer in pochi mesi e sbandierandosi ormai come nuovo cardine "dell'opposizione nazionale" che nei suoi piani dovrebbe vedere i Tories al massimo un junior partner.
Sir Keir, dal canto suo, non prova nemmeno a celare "la delusione" per lo schiaffo ricevuto dagli elettori. Limitandosi ad aggrapparsi alla promessa di un'accelerazione sulla strada del "cambiamento". Cambiamento tutto da tarare, peraltro, sugli umori e i malumori variegati di un Paese in affanno: piegato da una politica economica che non convince, dalle promesse mancate su quella stretta migratoria post Brexit rispetto alla quale il Labour sembra inseguire le destre, dai tagli al welfare o ai sussidi per gli anziani. Senza contare le bollette che continuano a impennarsi, mentre la spesa pubblica si concentra su difesa e riarmo.
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