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I dubbi del governo su Rearm, anche Giorgetti frena

I dubbi del governo su Rearm, anche Giorgetti frena

Per Roma il nome è "pessimo". Nuove scintille Tajani-Salvini

ROMA, 06 marzo 2025, 10:27

di Paolo Cappelleri e Silvia Gasparetto

ANSACheck
Giorgetti:  'No a un piano di difesa frettoloso e senza logica ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Giorgetti: 'No a un piano di difesa frettoloso e senza logica ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Il piano proposto da Ursula von der Leyen ha una prospettiva interessante, ma certo il nome Rearm Europe nel governo non piace a nessuno. "È pessimo", tagliano corto fonti qualificate. E anche i contenuti, al di là degli annunci, vanno analizzati nel dettaglio. Giorgia Meloni si prepara a un nuovo round a Bruxelles per approfondire le strategie europee sulla difesa e i tentativi di una posizione unitaria rispetto alla crisi ucraina e alle mosse di Donald Trump.

A Palazzo Chigi c'è consapevolezza sui risvolti sul debito del piano proposto da Bruxelles, e per questo vengono considerati "ragionevoli" i dubbi espressi dal ministro dell'Economia: Giancarlo Giorgetti mette in guardia da piani fatti "in fretta e furia senza una logica", per evitare gli "errori clamorosi" dei vaccini anti-Covid. La vigilia è stata segnata anche da voci, definite "false" da fonti di governo, sulle foto del presidente ucraino cancellate dai profili social della premier: dopo il primo incontro di maggio 2023, hanno spiegato le stesse fonti, sono state veicolate sui canali ufficiali. Meloni si presenterà al Consiglio Ue informale chiedendo chiarimenti sulla strategia della presidente della Commissione Ue e proporre adeguamenti.

Di sicuro il governo non è intenzionato a utilizzare per la difesa i fondi di Coesione, che è solamente una "possibilità" che può essere perseguita con "scelta volontaria" dei singoli Paesi, ha specificato il vicepresidente della Commissione Raffaele Fitto in visita in Italia liquidando come "fuorvianti" le polemiche che sono state sollevate a Roma dalle opposizioni, con la volontà di rassicurare le Regioni. Ben venga, invece, anche se va usata con attenzione, la flessibilità sui conti per le spese per la difesa, una richiesta avanzata da tempo da Roma, che ora trova sponda a Berlino, con il cancelliere in pectore Friedrich Merz che chiede anzi di andare oltre i margini annunciati da von der Leyen. Mentre con Parigi il dialogo è complicato, al di là della missione prima annunciata e poi smentita di Emmanuel Macron a Washington, insieme a Keir Starmer e Volodymyr Zelensky.

Il Consiglio europeo informale si annuncia un appuntamento cruciale ma non decisivo. Il momento delle decisioni arriverà al Consiglio del 20 e 21 marzo, intanto è importante questo confronto fra i leader, sottolineano fonti italiane. Sull'obiettivo della pace trovare l'intesa non dovrebbe essere impossibile. Ma c'è la consapevolezza che sul piano di riarmo l'ungherese Viktor Orban è pronto a piazzare il suo 'no', mentre lo slovacco Robert Fico non avrebbe ancora chiuso del tutto la porta. Il progetto di von der Leyen va in linea di massima nella direzione auspicata, filtra dai piani alti del governo, "perché è da anni che chiediamo la difesa europea". Ma il nome non aiuta, "parlare di riarmo è come tornare al combustibile fossile".

"Io lo chiamerei piano per la sicurezza europea", spiega il vicepremier Antonio Tajani. Secondo alcuni ragionamenti che si fanno nell'esecutivo, l'ideale sarebbe dare vita a un piano europeo coordinato e integrato, sulla falsariga del Pnrr: Bruxelles fissa gli standard sugli acquisti già in alcuni casi in ambito Nato (ad esempio, un tipo di aereo da combattimento specifico), gli Stati presentano i propri piani, e una volta approvati si procede, coinvolgendo l'industria bellica europea.

Giorgetti al G20, peraltro, aveva immaginato un vero e proprio "Recovery Plan per la difesa". Gli scenari sono stati affrontati da Meloni all'antivigilia con i due vicepremier, ma se la presidente ha fatto appello a muoversi compatti, le ore successive hanno dimostrato che nella maggioranza restano sensibilità diverse, come dimostra un botta e risposta ruvido tra Tajani e Salvini. "Le tifoserie servono a poco", taglia corto il segretario di Forza Italia che sull'esercito comune la pensa all'opposto del suo omologo leghista. Salvini chiede cautela, se oggi "avessimo un esercito comune, Francia e Germania - è convinto - ci avrebbero già portato in guerra". E poi, insiste, quegli 800 miliardi di euro anziché per la spesa militare "si possono utilizzare in altro modo". Nel mirino c'è sempre von der Leyen. Ancor di più per la prospettiva di bypassare il Parlamento europeo. Basta con decisioni così importanti prese dall'alto, il senso dell'avvertimento della Lega.

 

 

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