C'era una volta il calcio di strada,
quando tutto era più bello e non lo sapevamo, lo spettacolo era
meno pirotecnico, ma più genuino. Racconti senza tempo, campetti
polverosi e splendidi giochi simili a fiabe. Il tutto in libro
firmato Mauro De Cesare, dove il giornalista del Corriere dello
Sport ricorda non solo il "calcio di strada" degli Anni
Sessanta-Settanta- Ottanta ma anche tutti gli altri giochi, dal
nascondino alla "campana", dal tre-tre giù-giù, all' hula hoop,
dal rubandiera, al tiro alla fune, dal gioco delle pulci, alla
palla prigioniera. "Anni Sessanta, come è stato per me e la
"banda" - racconta De Cesare - come è stato per mia sorella, le
sue amiche e le amiche delle amiche. Il pallone, invece, è stato
una autentica "cotta" solo dei maschietti. Amatissimo calcio di
strada. Racconti che sembrano fiabe, giocando e giocando, senza
cellulari o tablet. Tra sogni, risate, amicizia, semplicità,
voglia di crescere, conoscersi. Un incanto da rivivere".
Il richiamo era facilmente riconoscibile, le voci,
inconfondibili: "Mauroooo, scendi?...". Sotto le finestre di
casa, Walter, Marco er serpentone, Marco Stefàni, Gianfranco er
zecca, er "bomba", Nello, Marcolino, Maurizio, Ottavio er
biondo, Sergetto, maggio, gigetto, er "cacarazzi" e Bruscolino,
per il fisico minuto. La "banda", sempre noi, sempre insieme.
Siamo alla fine Anni Sessanta.
Non c'erano i videocitofoni, macchè dico, i citofoni. Il
richiamo vocale era come una parola d'ordine, anzi, c'era pure
il fischio alla "pecorara". Era il segnale: ore 15, puntuali
come il sole che sorge, puntuali come il cannone del Gianicolo,
che a mezzogiorno fa rimettere gli orologi ai romani. Palla al
centro e il sogno di diventare come Totti, Nesta, Baggio o Del
Piero poteva cominciare.
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