L'industria italiana, alla prese con
la debolezza ormai in corso da mesi e con la nuova incertezza
legata ai dazi, corre il rischio di una crisi strutturale. E'
l'allarme lanciato dal Centro studi di Confindustria preoccupato
per il deterioramento del clima di fiducia e per l'andamento
degli investimenti.
A febbraio, sottolinea il CsC, la produzione è calata dello
0,9%, dopo il rimbalzo a gennaio pari a +2,5%. La variazione
acquisita nel primo trimestre è positiva dello 0,4% dopo cinque
trimestri in calo. Ma l'indice Rtt (Real time turnover) indica
un calo profondo del fatturato a febbraio, il Pmi segnala ancora
flessione a marzo (46,6 da 47,4) e la fiducia peggiora.
Il CsC parla di una crescita modesta nel primo trimestre
dell'anno, frenata proprio dai dazi e dell'incertezza. In base a
una simulazione riportata anche ieri in occasione dell'audizione
sul Documento di finanza pubblica in Parlamento, dazi e
incertezza causeranno una minore crescita dello 0,3% del Pil
italiano nel 2025-2026, a causa di una più bassa dinamica
dell'export di beni (-1,2%) e degli investimenti in macchinari
(-0,4%).
Confindustria chiede quindi di evitare una ritorsione
tariffaria Ue sugli acquisti dagli Usa, che impatterebbe sui
prezzi e sulla fiducia di famiglie e imprese, con un'ulteriore
frenata del Pil. Per gli industriali, diventa piuttosto
"cruciale concludere nuovi accordi commerciali Ue con altri
importanti partner economici (Mercosur, India)".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA