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Clima:'Cop30 infruttuosa se non si ascoltano comunità Amazzonia'

Clima:'Cop30 infruttuosa se non si ascoltano comunità Amazzonia'

Parla coordinatore progetti sociali Fondazione Magis a Belém

ROMA, 31 marzo 2025, 11:12

Redazione ANSA

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Secondo i dati della Ong californiana CarbonPlan, che analizza le conseguenze climatiche sulla base dei dati scientifici disponibili, Belém - capitale dello Stato brasiliano del Parà - sarà la seconda città più calda al mondo entro il 2050. Ed è proprio qui, a Belém, che dal 10 al 21 novembre prossimi si svolgerà la Cop30, la 30/a Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici, la prima sul suolo brasiliano ed amazzonico.
    "Qui non si guarda alla Cop con grande speranza, visti in particolare i risultati delle precedenti esperienze, specie delle ultime due. Continuano a parlare sempre i grandi capi di Stato e di governo, tra l'altro soprattutto quelli che sono i maggiori responsabili dei cambiamenti climatici, e ciò che notiamo è che nessuno Stato prende responsabilità sui grandi mutamenti del clima. Non si dànno fondi, non c'è un reale impegno, soprattutto per un cambio di mentalità". A parlare è Juscélio Mendonça, coordinatore dei progetti sociali del Centro Alternativo di Cultura (Cac), opera di promozione della giustizia socio-ambientale fondata 33 anni fa a Belém dai Gesuiti del Brasile.
    La rete del Cac - sostenuto dalla Fondazione Magis Ets, opera missionaria della Provincia euro-mediterranea dei Gesuiti -, si sviluppa, oltre che a Belém, in altre tre città del Parà: Colares e Barcarena, due isole che si trovano di fronte alla capitale, e Ananindeua. Le aree interessate sono le periferie di tali città, dove vivono le persone più vulnerabili, e beneficiarie sono le popolazioni Ribeirinhas - quelle rivierasche, che lungo i fiumi vivono soprattutto di pesca - e Chilombola, le comunità afro-discendenti, qui molto diffuse.
    Il Magis sostiene i progetti del Cac per la promozione dell'educazione ambientale, della giustizia socio-ambientale e dell'ecologia integrale - sulla base anche dei dettami della Laudato si' -, considerando la tutela dell'ambiente e la salvaguardia delle comunità indigene due aspetti fondamentali nella difesa della vita non solo in Amazzonia ma nell'intero pianeta. E proprio in vista della Cop30, il Cac intende farsi promotore ed essere un canale per denunciare e far sentire le voci di bambini, adolescenti e donne, principali vittime delle minacce legate all'espansione dell'agricoltura intensiva, all'allevamento dei bovini, all'estrazione mineraria, alla deforestazione e alle centrali idroelettriche.
    L'intento è quello di presentarsi come soggetti attivi all'appuntamento della Conferenza per il clima: si contribuirà in questo modo a garantire che tutte le voci dei popoli amazzonici siano ascoltate.
    "Uno dei rischi della prossima Cop di Belém è che l'Amazzonia sia vista solo come uno scenario esotico - avverte Mendonça - e non si guardi invece alle corresponsabilità proprio in Amazzonia per ciò che riguarda la crisi climatica. E lì ci possono davvero essere delle risposte. Finché non si considera anche il nostro modo di guardare la problematica, finché non si parte da quelli che sono i più colpiti, le donne, i bambini, i più vulnerabili, che sono quelli che soffrono il maggior impatto dei mutamenti climatici, finché non si mettono loro al centro, in realtà non si affronterà mai la vera questione".
    Mendonça ricorda che "la foresta tropicale, il 'polmone del mondo', fino ad oggi è stata accudita dalle popolazioni indigene che hanno appreso nei millenni a prendersene cura, a saper vivere in connessione con essa. È il popolo indigeno amazzonico che sa come vivere dei frutti dell'Amazzonia senza però distruggerla". "Quando si parla di cambiamenti climatici - aggiunge -, si tende a dare una risposta globale, e questa risposta la si tende ad attribuire ai capi politici, ai capi di Stato. Nulla di più lontano da quella che è la vita delle persone più vulnerabili, che hanno un impatto diretto dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. Si va a interloquire soltanto con i leader politici e non si ascoltano mai, non si chiede mai, non ci si confronta mai con le popolazioni che vivono sul posto, con le comunità, a partire ad esempio dalle donne". E proprio la Cop di Belém sarà "l'occasione per portare avanti politiche di advocacy. Si verrà a creare una doppia Cop: quella dei politici, ma anche la Cop delle comunità, del popolo, che porteranno avanti la loro voce per arrivare a stipulare determinate richieste, per poi presentarle alla Cop dei politici".
   

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