Secondo i dati della Ong californiana
CarbonPlan, che analizza le conseguenze climatiche sulla base
dei dati scientifici disponibili, Belém - capitale dello Stato
brasiliano del Parà - sarà la seconda città più calda al mondo
entro il 2050. Ed è proprio qui, a Belém, che dal 10 al 21
novembre prossimi si svolgerà la Cop30, la 30/a Conferenza delle
Parti delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici, la prima
sul suolo brasiliano ed amazzonico.
"Qui non si guarda alla Cop con grande speranza, visti in
particolare i risultati delle precedenti esperienze, specie
delle ultime due. Continuano a parlare sempre i grandi capi di
Stato e di governo, tra l'altro soprattutto quelli che sono i
maggiori responsabili dei cambiamenti climatici, e ciò che
notiamo è che nessuno Stato prende responsabilità sui grandi
mutamenti del clima. Non si dànno fondi, non c'è un reale
impegno, soprattutto per un cambio di mentalità". A parlare è
Juscélio Mendonça, coordinatore dei progetti sociali del Centro
Alternativo di Cultura (Cac), opera di promozione della
giustizia socio-ambientale fondata 33 anni fa a Belém dai
Gesuiti del Brasile.
La rete del Cac - sostenuto dalla Fondazione Magis Ets, opera
missionaria della Provincia euro-mediterranea dei Gesuiti -, si
sviluppa, oltre che a Belém, in altre tre città del Parà:
Colares e Barcarena, due isole che si trovano di fronte alla
capitale, e Ananindeua. Le aree interessate sono le periferie di
tali città, dove vivono le persone più vulnerabili, e
beneficiarie sono le popolazioni Ribeirinhas - quelle
rivierasche, che lungo i fiumi vivono soprattutto di pesca - e
Chilombola, le comunità afro-discendenti, qui molto diffuse.
Il Magis sostiene i progetti del Cac per la promozione
dell'educazione ambientale, della giustizia socio-ambientale e
dell'ecologia integrale - sulla base anche dei dettami della
Laudato si' -, considerando la tutela dell'ambiente e la
salvaguardia delle comunità indigene due aspetti fondamentali
nella difesa della vita non solo in Amazzonia ma nell'intero
pianeta. E proprio in vista della Cop30, il Cac intende farsi
promotore ed essere un canale per denunciare e far sentire le
voci di bambini, adolescenti e donne, principali vittime delle
minacce legate all'espansione dell'agricoltura intensiva,
all'allevamento dei bovini, all'estrazione mineraria, alla
deforestazione e alle centrali idroelettriche.
L'intento è quello di presentarsi come soggetti attivi
all'appuntamento della Conferenza per il clima: si contribuirà
in questo modo a garantire che tutte le voci dei popoli
amazzonici siano ascoltate.
"Uno dei rischi della prossima Cop di Belém è che l'Amazzonia
sia vista solo come uno scenario esotico - avverte Mendonça - e
non si guardi invece alle corresponsabilità proprio in Amazzonia
per ciò che riguarda la crisi climatica. E lì ci possono davvero
essere delle risposte. Finché non si considera anche il nostro
modo di guardare la problematica, finché non si parte da quelli
che sono i più colpiti, le donne, i bambini, i più vulnerabili,
che sono quelli che soffrono il maggior impatto dei mutamenti
climatici, finché non si mettono loro al centro, in realtà non
si affronterà mai la vera questione".
Mendonça ricorda che "la foresta tropicale, il 'polmone del
mondo', fino ad oggi è stata accudita dalle popolazioni indigene
che hanno appreso nei millenni a prendersene cura, a saper
vivere in connessione con essa. È il popolo indigeno amazzonico
che sa come vivere dei frutti dell'Amazzonia senza però
distruggerla". "Quando si parla di cambiamenti climatici -
aggiunge -, si tende a dare una risposta globale, e questa
risposta la si tende ad attribuire ai capi politici, ai capi di
Stato. Nulla di più lontano da quella che è la vita delle
persone più vulnerabili, che hanno un impatto diretto dalle
conseguenze dei cambiamenti climatici. Si va a interloquire
soltanto con i leader politici e non si ascoltano mai, non si
chiede mai, non ci si confronta mai con le popolazioni che
vivono sul posto, con le comunità, a partire ad esempio dalle
donne". E proprio la Cop di Belém sarà "l'occasione per portare
avanti politiche di advocacy. Si verrà a creare una doppia Cop:
quella dei politici, ma anche la Cop delle comunità, del popolo,
che porteranno avanti la loro voce per arrivare a stipulare
determinate richieste, per poi presentarle alla Cop dei
politici".
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