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In mostra la Germania di Dix e Grosz

In mostra la Germania di Dix e Grosz

A Venezia l'arte tedesca al tempo Repubblica di Weimar 1919-33

VENEZIA, 30 aprile 2015, 10:25

Redazione ANSA

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 (di Roberto Nardi) I disastri della Grande Guerra hanno lasciato spazio in Germania all'illusione di un 'mondo nuovo', a speranze che i 14 anni della Repubblica di Weimar non hanno saputo coltivare. Le delusioni, il disincanto "senza emozione", di parte degli artisti tedeschi dell'epoca trovarono corpo in varie forme: in figure grottesche di crassi 'borghesi', in tragiche immagini di persone che non avevano più nulla, oppure in una fredda riproduzione o distorsione dell'obiettivo fotografico di oggetti d'uso quotidiano. Rappresentazioni, comunque, di una 'storia' collettiva, di un periodo, quello della Germania dal 1919 al 1933, anno dell'avvento a Cancelliere di Hitler, ora al centro di una significativa mostra nelle sale del Museo Correr, a Venezia, dal primo maggio al 30 agosto. In autunno sarà poi a Los Angeles.

L'esposizione offre uno spaccato di espressioni artistiche diverse ma che paiono muoversi sotto il segno comune di un realismo, di una 'Nuova Oggettività' (titolo di una mostra del 1925, da cui la stessa rassegna veneziana prende il nome), che pare agli occhi dello spettatore possibile elemento di critica oppure algida lettura dell'esistente sociale. Un realismo artistico ben lontano da quell'essere poi diventato braccio operativo della propaganda dei totalitarismi, dal nazismo o allo stalinismo.

La mostra lagunare, attraverso 140 opere di 42 artisti - nomi noti, come Otto Dix, George Grosz, Max Beckmann o il fotografo August Sander, o quasi sconosciuti, ma non per questo meno significativi - legge l'arte in Germania fino all'anno della salita del nazismo. Dopo, molti andranno a ingrossare la lista degli artisti 'degenerati' stilata dal ministero della cultura hitleriana e le loro opere verranno distrutte, vendute o disperse. "Nel complesso - dice Stephanie Barron, curatrice della mostra in collaborazione con Gabriella Belli -, gli artisti di questa tendenza hanno creato il ritratto collettivo di una società alle prese con una difficile transizione, in immagini che, oggi come allora, appaiono stupefacenti".

In un gioco espositivo che mette a confronto pittura e fotografia, attraverso cinque sezioni tematiche, articolate al loro interno in altri 'gruppi' - da Miseria, Politica, Omicidio a sfondo sessuale, fino a Bambini o Piante esotiche -, la mostra consente si aprire uno squarcio affascinante e nel contempo fortemente drammatico, su un fare artistico non particolarmente conosciuto in Italia. A sancire l'emergere di un 'nuovo realismo', nel magma culturale post bellico segnato anche dal Dada o dall'esperienza del Bauhaus, è stata proprio l'esposizione del 1925. Non c'era un manifesto programmatico ad accomunare gli artisti, ma "lo scetticismo per la direzione intrapresa dalla società tedesca e la consapevolezza dell'isolamento umano che questi cambiamenti comportano".

La sconfitta del '18 lascia, infatti, sulle spalle tedesche 'lacrime e sangue' sul piano sociale, finanziario ed emotivo. Nella prima sala della rassegna - organizzata dalla Fondazione Musei Civici Venezia in collaborazione con il Los Angeles County Museum of Art (Lacma) - c'è una summa di tutto questo: le grafiche di guerra e di prostitute di Otto Dix o 'L'Affarista' di Heinrich Maria Davringhausen, fino al 'Lido' di Max Beckmann che vuole dipingere una sintesi della vita "senza pensieri o idee". Nelle sale successive si susseguono 'La città e la natura del Paesaggio', 'Nuove identità: tipi umani e ritrattistica', 'L'uomo e la macchina', 'Natura morta e beni di consumo'.
   

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