Nel 1943 le forze armate tedesche,
temendo uno sbarco alleato sulle coste dell'Adriatico (che poi
non avvenne), fecero costruire per il tramite
dell'Organizzazione Tods, 130 km di bunker da Pesaro al Delta
del Po a cui diedero il nome di "Linea Galla Placidia". Scomode
testimonianze di un'occupazione che si voleva dimenticare, i
bunker furono abbandonati per essere poi riscoperti negli anni
'70 come architetture simbolo di una società tecnocratica in cui
la forma doveva obbedire alla tecnologia.
A parlare di questi 'silenti guardiani' sarà domenica 11
maggio alla Mole Vanvitelliana di Ancona (ore 10 Museo Omero)
la docente di Restauro Architettonico dell'Università
Politecnica delle Marche Chiara Mariotti nell'ambito della tappa
marchigiana della tradizionale Giornata Nazionale dei Castelli,
curata dall'omonimo Istituto che da 61 anni lavora per la
conservazione e la valorizzazione culturale delle architetture
fortificate in Italia. Accanto a questa iniziativa, lo storico
dell'arte Rodolfo Bersaglia affronterà il tema de "La scuola di
Ancona e il Rinascimento Adriatico", offrendo un quadro di
quegli artisti spesso in transito e senza rapporti tra loro che
hanno però contribuito a definire il linguaggio della pittura
nella capitale della 'Marca' fondando nel Trecento una vera e
propria bottega unitaria.
La Linea Galla Placidia fu edificata con assembramenti di
nuclei fortificati nei pressi delle località più sensibili come
Cattolica, Riccione, Rimini e Bellaria rispondendo ad una
progettazione codificata e standardizzata. Sia che dovessero
ospitare più militari od un solo uomo, i bunker furono costruiti
in calcestruzzo armato con quantità di cemento mescolato a
materiale inerte predefinite, e realizzati in un'unica gettata o
al massimo in tre fasi immediatamente successive, con accessi
blindati a 'L' o a 'T' per prevenire un eventuale attacco
blindato col gas. Sulle loro pareti erano spesso riportate le
istruzioni per l'impiego delle dotazioni impiantistiche, in
primo luogo le apparecchiature radio-telefoniche, spesso
alloggiate in nicchie predisposte durante la fase di getto, così
come le lampade al kerosene per i bunker più piccoli. Molti
erano personalizzati con dediche a qualche donna il cui nome era
inciso all'ingresso, ed altri presentavano decorazioni
parietali, come quello oggi visitabile conservato sulla spiaggia
di Cervia che presenta al suo interno la raffigurazione di un
cane e di un gatto accompagnati da una poesia di Schiller.
Abbandonati alle ingiurie del tempo e della salsedine o
recuperati da privati che li hanno annessi alle proprie
abitazioni o adibiti a depositi, i bunker hanno perso la propria
identità e quelli che sopravvivono, in mancanza di una
legislazione specifica, sono affidati alla buona volontà di
associazioni di volontari che hanno contribuito alla loro
riscoperta e li mostrano ai turisti.
La ricerca di Mariotti, realizzata in collaborazione con
Andrea Ugolini e Alessia Zampini dell'Università di Bologna, col
sostegno della Regione Emilia Romagna, si propone proprio,
grazie anche alla Giornata dei Castelli, di riportare
l'attenzione su questo importante patrimonio
storico-architettonico dimenticato, avviando anche una
riflessione sui paesaggi militari, portatori di memorie
complesse e spesso divisive.
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