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I 130 km della Linea Galla Placidia, bunker da Pesaro al Po

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I 130 km della Linea Galla Placidia, bunker da Pesaro al Po

Ne parla ad Ancona l'11 maggio l'Istituto dei Castelli

ANCONA, 07 maggio 2025, 13:29

Redazione ANSA

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Nel 1943 le forze armate tedesche, temendo uno sbarco alleato sulle coste dell'Adriatico (che poi non avvenne), fecero costruire per il tramite dell'Organizzazione Tods, 130 km di bunker da Pesaro al Delta del Po a cui diedero il nome di "Linea Galla Placidia". Scomode testimonianze di un'occupazione che si voleva dimenticare, i bunker furono abbandonati per essere poi riscoperti negli anni '70 come architetture simbolo di una società tecnocratica in cui la forma doveva obbedire alla tecnologia.
    A parlare di questi 'silenti guardiani' sarà domenica 11 maggio alla Mole Vanvitelliana di Ancona (ore 10 Museo Omero) la docente di Restauro Architettonico dell'Università Politecnica delle Marche Chiara Mariotti nell'ambito della tappa marchigiana della tradizionale Giornata Nazionale dei Castelli, curata dall'omonimo Istituto che da 61 anni lavora per la conservazione e la valorizzazione culturale delle architetture fortificate in Italia. Accanto a questa iniziativa, lo storico dell'arte Rodolfo Bersaglia affronterà il tema de "La scuola di Ancona e il Rinascimento Adriatico", offrendo un quadro di quegli artisti spesso in transito e senza rapporti tra loro che hanno però contribuito a definire il linguaggio della pittura nella capitale della 'Marca' fondando nel Trecento una vera e propria bottega unitaria.
    La Linea Galla Placidia fu edificata con assembramenti di nuclei fortificati nei pressi delle località più sensibili come Cattolica, Riccione, Rimini e Bellaria rispondendo ad una progettazione codificata e standardizzata. Sia che dovessero ospitare più militari od un solo uomo, i bunker furono costruiti in calcestruzzo armato con quantità di cemento mescolato a materiale inerte predefinite, e realizzati in un'unica gettata o al massimo in tre fasi immediatamente successive, con accessi blindati a 'L' o a 'T' per prevenire un eventuale attacco blindato col gas. Sulle loro pareti erano spesso riportate le istruzioni per l'impiego delle dotazioni impiantistiche, in primo luogo le apparecchiature radio-telefoniche, spesso alloggiate in nicchie predisposte durante la fase di getto, così come le lampade al kerosene per i bunker più piccoli. Molti erano personalizzati con dediche a qualche donna il cui nome era inciso all'ingresso, ed altri presentavano decorazioni parietali, come quello oggi visitabile conservato sulla spiaggia di Cervia che presenta al suo interno la raffigurazione di un cane e di un gatto accompagnati da una poesia di Schiller.
    Abbandonati alle ingiurie del tempo e della salsedine o recuperati da privati che li hanno annessi alle proprie abitazioni o adibiti a depositi, i bunker hanno perso la propria identità e quelli che sopravvivono, in mancanza di una legislazione specifica, sono affidati alla buona volontà di associazioni di volontari che hanno contribuito alla loro riscoperta e li mostrano ai turisti.
    La ricerca di Mariotti, realizzata in collaborazione con Andrea Ugolini e Alessia Zampini dell'Università di Bologna, col sostegno della Regione Emilia Romagna, si propone proprio, grazie anche alla Giornata dei Castelli, di riportare l'attenzione su questo importante patrimonio storico-architettonico dimenticato, avviando anche una riflessione sui paesaggi militari, portatori di memorie complesse e spesso divisive.
   

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