E' iniziato nell'aula bunker della vecchia sede della Corte d'Appello di Taranto il processo d'appello originato dall'inchiesta chiamata 'Ambiente svenduto' per il presunto disastro ambientale causato dall'ex Ilva durante la gestione della famiglia Riva.
In primo grado furono 26 le
condanne nei confronti dirigenti della fabbrica, manager e
politici, per circa 270 anni di carcere.
La Corte d'assise d'appello è presieduta dal giudice Antonio
Del Coco, affiancato dal giudice Ugo Bassi e dalla giuria
popolare.
L'accusa è rappresentata dal procuratore generale
Mario Baruffa e dai pubblici ministeri del primo grado. Oggi
sono presenti in aula i sostituti procuratori Remo Epifani,
Raffaele Graziano e Giovanna Cannarile.
E' in corso l'appello dei nominativi degli imputati (sono 39
persone fisiche, 5 in meno rispetto al primo grado - tra questi
l'ex sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, che fu assolto - per i
quali non è stato proposto appello, e tre società) e delle parti
civili, circa un migliaio. L'udienza di oggi è dedicata alla
costituzione delle parti.
La Corte d'Assise stabilì sia la confisca degli impianti
dell'area a caldo che la confisca per equivalente dell'illecito
profitto nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire e
Riva forni elettrici per una somma di 2,1 miliardi. Furono
disposte inoltre provvisionali di 5000 euro a centinaia di
residenti al quartiere Tamburi, lavoratori, associazioni ed
enti. I risarcimenti in sede civile risultano ancora bloccati.
Il giudice Antonio Del Coco ha precisato che oggi saranno
raccolte le eccezioni preliminari e tutte le richieste di
rinnovazione istruttoria e la documentazione depositata nelle
more del decreto di citazione in giudizio e saranno
calendarizzate le udienze fino a luglio. Un percorso che si
concluderà con un provvedimento della Corte che deciderà in
merito a tutte le questioni sollevate.
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