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Perito Garlasco: 'Dna non utile per l'identificazione'

Perito Garlasco: 'Dna non utile per l'identificazione'

Genetista del processo bis: 'Materiale non ce n'è più'

MILANO, 13 marzo 2025, 18:12

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Il Dna raccolto era scarso e degradato e non consentiva di definire un'ipotesi d'identità".
    Così il professor Francesco De Stefano, il genetista nominato dalla Corte d'Assise d'Appello nel processo 'bis' sul delitto di Garlasco. Raggiunto telefonicamente dall'ANSA l'esperto, all'epoca direttore della Medicina legale dell'Università di Genova, ribadisce quanto sostenuto nelle sue perizie. "Non so come abbiano fatto questa nuova interpretazione, anche perché materiale non ce n'è più, ma in ogni caso le tracce a disposizione non erano utili per una identificazione".
    Dalla sua casa nel sud della Sardegna, dove vive dalla pensione, De Stefano torna per la prima volta a parlare del caso tornato in questi giorni alla ribalta con l'apertura di una nuova inchiesta che vede indagato per omicidio in concorso con ignoti o con Alberto Stasi, già condannato in via definitiva a 16 anni di carcere, Andrea Sempio, all'epoca amico di Marco Poggi, fratello della vittima. "L'unico dato scientificamente accertato fu la presenza di Dna maschile - spiega De Stefano -.
    Parliamo del cromosoma Y, uguale in tutti i soggetti imparentati per via patrilineare".
    All'epoca, ricorda il genetista, "vennero fatte tre prove. La prima, con pochissimo materiale, non diete esito. La seconda, effettuata su un campione maggiore di materiale prelevato dalle unghie della vittima, diede un risultato; la terza un risultato in parte diverso e in parte evidenziò la commistione di più dna". Tracce di "almeno due o tre persone". Di conseguenza De Stefano applicò le linee guida in base alle quali "se il materiale è scarso o degradato e i risultati non si ripetono, vuol dire che quei risultati sono inaffidabili e non è possibile proporre alcuna interpretazione".
    Ma come è possibile che sia stato individuato il dna di più persone? "L'unica spiegazione verosimile al riguardo - risponde De Stefano - è che Chiara Poggi avesse raccolto residui di Dna nucleico dal mouse del pc che usava per scrivere la tesi di laurea, dal momento che questo mouse era utilizzato anche dal fratello e dagli amici". Tutti gli accertamenti vennero effettuati nel laboratorio di medicina legale dell'Università di Genova, "un laboratorio accreditato ISO9001", precisa De Stefano, che non entra in polemica con gli autori della nuova consulenza. "Non so come abbiamo fatto la nuova interpretazione - ribadisce in conclusione - anche perché materiale non ce n'è più. Ero stato autorizzato dal tribunale a fare tutto quanto utile, anche distruggendo il campione. E io ho proceduto".
   
   

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