NEW YORK - Uno dei più famosi artisti americani contemporanei, John Baldessari, è morto a 88 anni nella sua casa di Venice in California. Lo ha annunciato la galleria Marian Goodman, che lo rappresentava, definendolo una persona "intelligente" e un artista "incomparabile".
Baldessari, che aveva realizzato migliaia di opere combinando immagini e parole e inserendo una dose di umorismo nell'arte concettuale, era stato premiato alla Biennale di Venezia del 2009 con il Leone d'Oro alla carriera e nel 2014 aveva ricevuto dal presidente Barack Obama la Medaglia Nazionale per le Arti. Figlio di un robivecchi italiano emigrato in California e di una infermiera danese, Baldessari aveva cominciato la sua carriera come pittore semiastratto. A metà anni 60 aveva cominciato a sperimentare oltre la tela, girando film, creando collage e installazioni. Nel 1970 era diventato famoso prendendo le distanze dalla sua produzione precedente: aveva bruciato i quadri ripudiati del periodo 1953-1966 nel crematorio di una impresa di pompe funebri di San Diego, usando poi le ceneri per fare biscotti. "The Cremation Project" - o meglio l'urna che conteneva i dolcetti - fu esposto al MoMA di New York nella mostra "Information", la prima importante rassegna di arte concettuale organizzata in America.
Influenzato da Marcel Duchamp e a sua volta ispirazione per altri artisti contemporanei da Barbara Kruger a Cindy Sherman, Matt Mullican e David Salle (quest'ultimo lo definì "un gigante", in senso sia letterale che metaforico), Baldessari traeva le sue immagini dai mass media o dal cinema. Tra le altre opere, un anno dopo "The Cremation Project", aveva creato "I Will Not Make Any Boring Art," per cui aveva istruito studenti a scrivere questa frase (non farò arte noiosa) sulle pareti di una galleria. Più recentemente, nel 2007, ""Beethoven's Trumpet (With Ear)," era quello che dice il titolo: una gigantesca cornetta accanto a un altrettanto grande orecchio replicato in sei edizioni fuse in bronzo.
Protagonista di oltre 300 mostre, Baldessari aveva tra l'altro esposto a Documenta 7 Kassel (1982), alla Biennale d'arte di Venezia (1997) al MoMA (1994), al Deutsche Guggenheim di Berlino (2004) e alla Fondazione Prada di Milano (2010). Tra 2009 e 2011 la retrospettiva itinerante "Pure Beaty" ne aveva portato l'opera dalla Tate Modern al Los Angeles County Museum of Art e al Metropolitan di New York.
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