"Madre dove sei? Dove sei andata? Troppa afflizione (sulla Terra) un'enigma ai miei stessi occhi. Chi sei tu donatrice di vita?". Inizia così con questo appello a 'madre natura", a chi nonostante tutto dona la vita, VOYAGE OF TIME, primo documentario del regista-filosofo Terrence Malick in sala dal 3 marzo distribuito da DOUBLE LINE. Un disperato appello mentre, non a caso, scorrono immagini di povertà e pazzia. Dentro il film, pura visibilità, poche parole e tanta metafisica con la voce narrante di Cate Blanchett e, ovviamente, la meraviglia sul mistero della natura del regista americano. Una meraviglia espressa in tanti suoi film, dalla SOTTILE LINEA ROSSA a THE TREE OF LIFE, che diventa finalmente centro di questa sua opera che mostra nascita e morte dell'universo sotto lo sguardo anche troppo distratto del mondo. Da qui novanta minuti di immagini: dal microcosmo al macrocosmo, dalla lava che si infrange sul mare fino ai pianeti, dal Big Bang fino alle mille sfumature dei colori delle cellule. E ancora si vola dall'era Mesozoica, con dinosauri e uomini primitivi, fino al giorno d'oggi con sequenze di città viste dall'alto, con scene qualsiasi: quelle di poveri in India e di persone che praticano Tai Chi in un parco. "'Uno dei miei più grandi sogni'', ha detto Malick di questo film co-prodotto da Brad Pitt e da National Geographic, già alla 73ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, e ricco di musica e immagini ad altissima definizione. Comunque una sorta di compendio della storia del pianeta Terra, dalla nascita delle stelle alla comparsa dell'uomo, passando dall'origine dei pianeti alla microbiologia, dalla formazione delle masse stellari fino alle gole di roccia scolpite dal vento, ai fiumi, ai deserti e ai ghiacciai. Idealmente a scorrere sullo schermo sono quattordici miliardi di anni. Per fare tutto questo Malick ha creato un nuovo formato sperimentale - al confine tra effetti speciali tradizionali ed effetti digitali d'avanguardia - lavorando sulla microfotografia e anche su immagini generate da supercomputer. Non solo. Prima di iniziare la produzione di questo film, il regista famoso anche per aver tradotto Heidegger in America, si è immerso in studi astronomici, biologici e filosofici, raccogliendo appunti e parlando con professori, ricercatori e innovatori in campi in rapida evoluzione, spaziando dalla fisica all'antropologia. Un lavoro preparatorio confluito poi in questo documentario che si colloca esattamente tra scienza e arte. Proprio da questo punto di vista molto bella la dichiarazione di Andrew Knoll, Fisher Research Professor di Storia Naturale ad Harvard, consulente della NASA e responsabile della veridicità e accuratezza dal punto di vista scientifico della rappresentazione, che afferma: "La bellezza estetica del film non fa che valorizzare la scienza sottostante in uno scambio dinamico, un dare e ricevere, tra il romanticismo dell'arte e il rigore della ricerca scientifica. La scienza è stata erroneamente considerata nemica del mistero e del senso di meraviglia: è piuttosto il contrario, in realtà. La conoscenza non diminuisce il senso della bellezza e del mistero; lo accresce. In quanto scienziati, il nostro compito è tuffarci in quel mistero e cercare di formare per consentire la comprensione. Ciò che fa anche Terry con questo film".
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