Le vittime di un attentato cruento come quello del Bataclan hanno una grande difficoltà a tornare alla normalità.
Fin qui niente di strano, ma invece è davvero bizzarro che tendano a rivivere quel dramma e a riconoscersi solo con chi lo ha condiviso con loro.
In Riabbracciare Parigi di Alice Winocour (presentato l'anno scorso alla Quinzaine di Cannes) e ora in sala dal 9 novembre con Movie Inspired, c'è questo tema delineato con forza. È il caso della protagonista Mia (Virginie Efira), una interprete dal russo sopravvissuta ad un attentato che dopo tre mesi passati in campagna dalla madre torna nella sua Parigi con una memoria parzialmente compromessa. Cosa è accaduto in quel bistrot dove era entrata per ripararsi dalla pioggia dopo che il suo compagno medico (Grégoire Colin) l'aveva lasciata per una telefonata di lavoro? Lei non lo ricorda troppo bene, ma ora vuole riabbracciare Parigi, nel senso di tornare a vivere la sua città come prima, vuole finalmente dimenticare e smettere di frequentare e trovarsi bene solo con i testimoni di quella tragedia.
Nessuno ad esempio la capisce come Thomas (Benoit Magimel) che nell'attentato ha quasi perso una gamba e che la donna va a trovare in ospedale, intrecciando alla fine anche un'occasionale relazione. Nel cast di Riabbracciare Parigi (molto più felice il titolo originale Revoir Paris) anche la nostra Maya Sansa nel ruolo di una psicologa. "Sì, tutto è nato da una mia esperienza personale - dice Alice Winocour -, il mio fratello più giovane è stato coinvolto nell'attacco del Bataclan a Parigi, quindi sono partita dai miei ricordi personali di quella notte. Poi sono stata ispirata dalle vittime che ho incontrato e ovviamente dalle discussioni che ho avuto con mio fratello. Volevo comunque raccontare una storia sulla resilienza, ma non fare un riferimento diretto al Bataclan". Da che cosa deriva la smemoratezza di Mia? "È molto comune, poiché il corpo e la mente non possono sopportare il ricordo della violenza. Questo comunque è soprattutto un film sulla memoria, e la memoria post-traumatica è qualcosa di molto specifico. Mia è come dentro un puzzle, ha tanti dettagli, ma non nell'ordine giusto. Sta cercando così di rimetterli insieme, ma poi incontra altre vittime che hanno pezzi e prospettive diversi. È un po' - continua la regista - come questa intervista, che probabilmente lei non ricorderà nello stesso modo in cui la ricorderò io. Voglio dire che noi tutti non vediamo gli eventi nella stessa prospettiva".
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