Una difesa accorata, senza paura, sfidando gli sguardi di rimprovero dai banchi dell'accusa: "qualche volta ho sentito delle grida... ma non ho mai visto niente, non ho mai visto Gérard fare un gesto scioccante". Fanny Ardant, magra, vestita di nero, in tailleur, ha fatto nell'aula di tribunale quello che ha sentito essere il suo dovere, schierarsi con "un amico da 30 anni", uno a cui "piace fare lo scemo sul set" e che "grida volgarità enormi". "Se io non fossi venuta a difendere il mio amico - spiega senza tentennamenti - non avrei avuto pace tutta la vita per la mia vigliaccheria".
Al terzo giorno di processo, Gérard Depardieu ha affrontato la seconda accusatrice, Sarah, che lo accusa di averla ripetutamente toccata. Ieri aveva respinto le accuse di Amélie, affermando di averla "rimproverata" per motivi di lavoro. Oggi ha provato a spiegare ai giudici che può essergli sfuggita la solita serie di parolacce e oscenità, al limite "una sculacciata", ma mai - afferma - una "violenza sessuale". Il dibattito si è poi surriscaldato fra i legali delle due parti sul concetto di "violenza sessuale".
Ma il clou della giornata è arrivato con la chiamata a testimoniare - da parte della difesa - di Fanny Ardant, attesissima. "So che siamo qui per cercare la verità - ha detto l'attrice - la verità è la cosa più difficile da ottenere. Non c'è mai solo una verità. E' come l'ombra che cambia, a seconda della luce". Per lei, "Gérard ha sempre dato tutto, lui è come un vulcano". "Lei ha girato in Les Volets verts con Depardieu, ha forse visto o udito qualcosa legato ai fatti?", la interroga il presidente. "Io - ha riposto la Ardant - allargherò il dibattito. Dirò perché Gérard è un attore così grande. Qualsiasi forma di genio porta in sé qualcosa di stravagante, di indomabile, di pericoloso, di incarnato. E' il mostro e il santo. E Gérard ha interpretato tutti questi personaggi dando tutto di sé. Con il peggio e con il meglio. Lo conoscono da Cuba a Vladivostok. Perché il pubblico di tutto il mondo si è riconosciuto nei personaggi che interpreta. Tutti hanno potuto identificarsi nei suoi ruoli".
Voci di dissenso si sono levate dai banchi delle parti civili, si è sentito anche un "è insopportabile". Ma la Ardant ha continuato sullo stesso tono: "Gérard parla nello stesso modo a Fidel Castro o a un elettricista. Prende in giro tutti, sul set si prende tutto lo spazio, si ha una gran faccia tosta, sì, dice delle volgarità. Ma ha sempre dato tutto".
"Lo so che la società è cambiata - ha ammesso - che i punti di riferimento non sono più gli stessi, ci sono cose che venivano tollerate e che oggi non sono più tollerabili. So che molti non hanno osato venire a difendere Gérard perché hanno paura, paura di perdere il lavoro, paura di non poter più fare l'attore, o se sono registi, di non poter più girare dei film. Ma la paura non deve essere un modo per far obbedire i cittadini. Io credo soltanto nelle mani tese, nel perdono, nell'amicizia e nell'amore". Il presidente del tribunale, dopo aver ascoltato in silenzio, l'ha però richiamata all'ordine: "Non siamo qui per fare della morale, siamo qui per fare del diritto. Mi dica, ha mai sentito parlare di violenze sessuali sul set?". "Ho udito delle grida - ammette Fanny Ardant - ma non ho mai assistito a nulla. Anch'io, sono una donna. Ho vissuto cose del genere, ho rifilato anche degli schiaffi, ho gridato insulti. Ma non ho assistito a nulla".
Alla fine, Fanny Ardant ha lasciato il banco dei testimoni. Depardieu l'ha seguita con sguardo, visibilmente emozionato e riconoscente, fin quando lei gli si è avvicinata. Con le mani gli ha preso il viso, poi lo ha lasciato con un bacio.
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