(di Alessandra Magliaro)
"Gentile Alberto ho 19 anni e sono un
suo grandissimo ammiratore, non mi stanco mai di rivedere un suo
film, una passione che mi è stata trasmessa dai miei genitori
che in suo onore mi hanno chiamato Alberto" (1998). "Carissimo,
vengo con la presente a proporle la realizzazione di un
meraviglioso ed impegnativo film a livello internazionale, un
vero capolavoro. Resto in attesa di una sua chiamata" (1988).
"Egregio Alberto Sordi sono una nonna di 83 anni con ben 19
nipoti e tre pronipoti. Alla messa del mio paese alla fine del
Vangelo il celebrante ha letto il messaggio da lei rivolto ai
giovani a proposito dei nonni. Sono stata veramente colpita
dalle sue parole e la ringrazio". Tre esempi tra migliaia di
lettere conservate, catalogate, archiviate da Alberto Sordi
nell'arco della sua lunga carriera, messe via con rispetto, in
spazi adeguati nella grande villa di via Druso 45 a Roma. Un
tesoro ritrovato che la Fondazione Museo Alberto Sordi ha voluto
rivelare con un libro diverso da tutti gli altri in circolazione
sul grande attore, 'Caro Alberto'. Il volume, edizioni Laterza,
è stato curato dal critico Alberto Crespi con la prefazione di
Walter Veltroni e Carlo Verdone.
A leggere le lettere e guardare le foto d'epoca annesse colpisce
ed emoziona un mondo sparito, una stagione in cui per comunicare
con un personaggio noto c'erano solo le lettere, un mondo
archeologico rispetto a quello odierno in cui i social danno
l'illusione di un contatto diretto nel bene e nel male. E viene
da chiedersi oggi che relazione avrebbero con Sordi.
"Nelle tantissime lettere che ho letto per la selezione del
libro - dice all'ANSA Alberto Crespi - davvero poche sono quelle
negative, c'è un medico che rimprovera di aver rovinato
l'immagine con il dr. Guido Tersili medico della mutua, ma certo
è un hater soft rispetto a quelli che infestano i social".
Crespi la chiama "full immersion emozionante, ce ne sono persino
alcune scabrose di donne che si propongono o folli come chi gli
chiedeva di appoggiare il progetto di tagliare il monte
Testaccio per far arrivare meglio il ponentino". Una immersione
nel mondo di Sordi che è proprio come ce lo immaginiamo
meticoloso, preciso a catalogare le lettere, a rispondere, a
mandare autografi dalla grande villa piena di silenzio. Ne
riceveva decine al giorno, tra queste ovviamente anche quelle di
persone note. A cominciare da tre presidenti della Repubblica e
poi anche di Giulio Andreotti con cui era storicamente in
rapporti amichevoli. "Le più commoventi sono forse quelle di
Monica Vitti -prosegue - e toccanti sono quelle post mortem
arrivate alla villa dopo la scomparsa il 24 febbraio 2003". Eh
già sono passati 20 anni dalla sua morte, da quell'interminabile
fila al Campidoglio per dare un ultimo saluto all'attore che ha
rappresentato gli italiani nei tanti suoi film, una
testimonianza di affetto che è poi quella che si legge nelle
lettere ritrovate. Per i 20 anni la Fondazione Museo Alberto
Sordi organizza con l'Istituto Cine-TV Roberto Rossellini di
Roma, un ciclo di proiezioni dal titolo "Sordi e la Storia
d'Italia" a cura di Luca Verdone, che a partire dal 20 febbraio
si terranno presso il teatro custodito nella Villa Museo e
riservato agli studenti di cinema.
"Dopo la morte, in una sorta di pellegrinaggio laico tantissimi
biglietti di addio sono stati lasciati davanti la villa e anche
quelli raccolti dalla Fondazione", aggiunge. "Viene fuori che la
maggior parte delle persone lo consideravano uno di famiglia, un
parente e oltre ad esprimere complimenti e ammirazione gli
raccontavano nascite e matrimoni ma soprattutto confidavano
momenti difficili, malattie, depressioni, attribuendo ai film di
Sordi proprietà salvifiche o quanto meno di conforto". Come dice
Carlo Verdone "Non mi stupisce che le lettere siano piene di
affetto, di una identificazione calda e positiva. Nel mio
piccolo vale anche per me, la gente ci ringrazia per i momenti
di allegria che abbiamo regalato".
"Non mi stupisce - dice Veltroni - che dalle lettere emerga un
amore più simile a quello per un parente che per un divo del
cinema. Sordi era l'Italia e soprattutto era Roma". Venti anni
dopo, vale ancora il Sordi uno di noi.
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