Nel festival della normalità e del
"micromondo" intimista, che sembra accantonare l'impegno e le
provocazioni per raccontare "famiglie e rapporti personali",
irrompono le lacrime di Carlo Conti in sala stampa, quando
ricorda la mamma Lolette, morta nel 2002, alla quale era molto
legato. "Sono stato tirato su solo dalla mia mamma, dato che mio
babbo morì quando avevo 18 mesi. Era una donna fortissima che mi
ha insegnato due cose fondamentali: il rispetto e l'onestà.
Faceva un sacco di lavori per crescere questo zuzzurellone, ma
la sera non è mai mancata la tavola apparecchiata, anche solo
per noi due".
"Mia madre è stata fortissima, forse per questo ho avuto
grande stima e grande rispetto per le donne", aggiunge con
forza. "Se avessi perso a 18 mesi mia madre invece che mio
babbo, non sarei qui, perché lui non avrebbe avuto la stessa
grinta che una mamma può avere". Poi, messa da parte la
commozione, cita il "carissimo amico Lucio Caizzi": "Ai figli
bisogna dare ali e radici".
Gli fa eco Alessandro Cattelan: "Anche io cerco di replicare
quello che di buono i genitori ci hanno insegnato. I miei mi
hanno cresciuto senza la paura di sbagliare, che è invece forse
un po' eccessiva in questo periodo".
Se il rapporto tra madre e figlio ha sempre avuto un posto
speciale nella storia dell'evento nazional popolare per
eccellenza - da Tutte le mamme, con cui Gino Latilla vinceva il
festival nel 1954, a Tracce di te di Francesco Renga, da Portami
a Ballare di Luca Barbarossa a In bianco e nero di Carmen
Consoli - quest'anno la genitorialità emerge con forza. In
particolare nei brani di Brunori Sas, che dedica L'albero delle
noci alla primogenita, Fiammetta, riflettendo su come la sua
nascita abbia cambiato la sua percezione del mondo: "Sono
cresciuti troppo veloci questi riccioli meravigliosi / E ora ti
vedo camminare con la manina in quella di tua madre / E tutta
questa felicità forse la posso sostenere / Perché hai cambiato
l'architettura e le proporzioni del mio cuore / E posso navigare
sotto una nuova stella polare".
Si invertono i ruoli, come capita spesso quando i genitori
invecchiano, nel brano di Simone Cristicchi, Quando sarai
piccola, dedicato alla madre Luciana, colpita anni fa da
emorragia cerebrale: "Quando sarai piccola ti stringerò talmente
forte/ che non avrai paura nemmeno della morte / Tu mi darai la
tua mano, io un bacio sulla fronte / Adesso è tardi, fai la
brava / buonanotte".
Temi autobiografici e insieme universali. E se perfino Tony
Effe, smessi i panni del rapper maledetto, in Damme Na Mano
canta 'Sono il classico uomo italiano / Amo solo mia madre
Annarita', Paolo Kessisoglu si prepara ad affrontare al festival
il tema del malessere degli adolescenti che non comunicano con i
genitori, in un brano che canterà all'Ariston con la figlia
Lunita. Pone invece il tema del disagio sociale Rocco Hunt, che
a trent'anni affronta il suo primo Sanremo da papà e si
preoccupa della "responsabilità" verso il figlio di otto anni:
"Non si può morire per una scarpa sporcata o per cose futili,
parlo di queste pistole che ancora sparano, di questa guerra che
deve finire".
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