La prima opera lirica al tempo del Covid è andata in scena al Teatro Massimo di Palermo, per il Festival "Sotto una nuova luce", ed è stato un successo: "Don Giovanni" di Mozart nella versione di Vienna, che si conclude con la morte del libertino.
Un Don Giovanni credibile, il basso Alessio Arduini, bello, seducente, giovane, bravo e utilizzato al meglio dal regista Marco Gandini e dai filmati di Virginio Levrio.
Primi piani mozzafiato, che fanno percepire
l'inquietudine del personaggio, la sua bramosia, il suo essere
sempre sospeso tra la ricerca del piacere e la nuova conquista.
Il cinema è venuto in aiuto dell'opera e ha reso tutto molto più
semplice e convincente. L'orchestra è in platea, i cantanti si
muovono tra la platea, il palcoscenico, le pedane di proscenio,
sempre molto distanti gli uni dagli altri, ma con una dinamicità
che segue il ritmo mozartiano e con i protagonisti che esprimono
il gioco della seduzione senza bisogno di toccarsi o stare
vicini.
Il pubblico, 200 spettatori circa, è distribuito nei palchi.
Omer Meir Wellber, questa volta non è sul podio, ma al
clavicembalo, dirige l'orchestra e suona, dando vita ai
recitativi più innovativi che si siano sentiti fino a ora,
bravissimo, ha stabilito con l'orchestra un grado di complicità
difficilmente raggiungibile e soprattutto con Daniela Pellegrino
al cembalo. L' impianto visivo è di Virginio Levrio, con i
portici e i campielli e la torbida laguna in cui si specchia il
protagonista. Ottima prova per Leporello, interpretato da
Riccardo Fassi, ma tutto il cast è da applausi a scena aperta.
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