1941, Monaco di Baviera.
Cella di massima sicurezza nel carcere di Stadelheim.
Un condannato a
morte alla vigilia dell'esecuzione chiede di poter vedere il
cappellano. "Ma a che le serve un prete? Lei è ebreo!", si
stupisce la guardia. La verità è che Leo Kaufmann, anziano ex
presidente della comunità ebraica di Norimberga, non ha alcuna
intenzione di abbandonare il suo credo in punto di morte, ma
spera di far recapitare un messaggio di addio. Inizia così Il
caso Kauffman, spettacolo che Piero Maccarinelli ha tratto dal
pluripremiato romanzo di Giovanni Grasso (ed. Rizzoli), al
debutto al Sociale di Brescia dal 17 al 22 ottobre e poi titolo
d'apertura della nuova stagione del Parioli di Roma, dal 24 al
29 ottobre (poi Torino e Verona). Protagonista, Franco
Branciaroli con Viola Graziosi e Graziano Piazza, accanto a
Franca Penone, Piergiorgio Fasolo, Alessandro Albertin, Andrea
Bonella. Una storia realmente accaduta, nella Germania anni '30,
alla vigilia dei giorni più bui del Novecento (protagonisti
furono Leo Katzenberger e Irene Seidel). "Le leggi razziali
impedivano la commistione tra ebrei e ariani - spiega
Branciaroli all'ANSA - E Kaufmann è un sessantenne, ebreo, che
accoglie in casa la giovane figlia, ariana, di un amico. Ne è
conquistato, anche se nulla accade fra loro. Ma verrà comunque
punito". "Molti sono i testi che ci hanno parlato di quello che
è successo al popolo ebraico - racconta Maccarinelli -
L'indagine a cui ci spinge Grasso è quella della banalità del
male nella quotidiana delazione, nella fabbricazione di prove
inesistenti, nel sadismo della costruzione di fatti mai
accaduti. Nel saggio Come si diventa nazisti, William Sheridan
Allen sostiene che il primo sintomo è l'indifferenza, o meglio,
il non voler vedere piccoli torti subiti da altri. Ecco, questo
è uno spettacolo sulla maldicenza e sulla banalità del male,
quella che ci ha insegnato Hannah Arendt".
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