Le aziende siderurgiche italiane
"hanno ampi margini di miglioramento dal punto di vista
climatico e ambientale". Lo afferma il Wwf sulla base della
prima analisi dal titolo 'Acciaio verde: a che punto siamo in
Italia?' compiuta sulle strategie e le performance dichiarate
dalle principali aziende elettrosiderurgiche italiane.
Dallo studio dei bilanci Esg delle prime dodici imprese per
volumi di acciaio secondario prodotto, spiega in una nota
l'associazione ambientalista, "emerge che il 58% non ha definito
obiettivi di decarbonizzazione chiari e monitorabili, solo 6 su
12 sono dotate di impianti fotovoltaici per l'autoproduzione di
energia (quasi sempre al di sotto del loro potenziale), solo 4
su 12 stanno testando combustibili a basse emissioni come il
biometano e solo 1 su 12 ha una policy interna per la
salvaguardia della biodiversità".
Per 'acciaio verde', spiega la ong, si intende "quello
prodotto dalla fusione di rottami ferrosi tramite forno
elettrico che emette circa l'80% in meno di emissioni di Co2
rispetto all'acciaio prodotto dalla fusione di minerale di ferro
e carbone all'interno degli altoforni. Quest'ultimo tipo di
produzione in Italia cuba attualmente il 16% della produzione
totale, si svolge solo a Taranto e non è stata oggetto di questa
ricerca.
"Questi dati dimostrano che in Italia serve una visione di
lungo periodo, investimenti mirati e una filiera più integrata e
tracciabile", ha commentato Mariagrazia Midulla, responsabile
Clima ed Energia di Wwf Italia.
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