«L'Europa è pronta a tagliare
l'ultimo cordone ombelicale con Mosca, ma a farne le spese
rischia di essere ancora una volta l'industria. La Commissione
europea si presenta a Strasburgo con una roadmap che, sulla
carta, vuole spezzare i legami energetici con la Russia entro il
2027. Una missione simbolica, certo, ma potenzialmente critica
se non accompagnata da pragmatismo e soluzioni concrete».
A dirlo è Raffaele Marrone, presidente Confapi Napoli e
responsabile nazionale Zes di Confapi.
«La nuova strategia, che include l'invocazione della "forza
maggiore" per sciogliere i contratti con Gazprom senza incorrere
in penali, somiglia più a un atto di fede che a un progetto
industriale. Di vincolante, al momento, c'è ben poco. Ma il
messaggio politico è forte: l'Unione vuole chiudere ogni
rubinetto russo. Peccato che nel frattempo nessuno abbia trovato
fornitori capaci di garantire gas a prezzi competitivi. Né il
Qatar, né gli Stati Uniti, né l'Africa sembrano in grado di
replicare le condizioni offerte da Mosca. Il cuore del problema,
però, è un altro: si chiede alle imprese di pagare il conto di
una scelta che è tutta politica. Le aziende, oggi ancora
vincolate a clausole capestro "take-or-pay", si trovano con le
mani legate: devono versare fino al 95% del valore del gas
contrattualizzato, anche se non lo ricevono. Chi le tutela? Chi
risarcisce un comparto industriale già piegato dal costo
dell'energia?».
Aggiunge Marrone: «Si parla tanto di transizione, ma il rischio
è di buttare via il presente prima ancora di costruire il
futuro. L'Europa ha già ridotto la dipendenza dal gas russo: dal
45% del 2021 al 19% attuale, con un'ulteriore contrazione al 13%
prevista per il 2025. Ma le alternative, purtroppo, non sono
ancora all'altezza. E allora una domanda s'impone: quanto può
reggere il nostro tessuto produttivo se Bruxelles continua a
prendere decisioni senza guardare in faccia la realtà? Serve
coraggio, sì. Ma anche lucidità. Il futuro dell'energia non può
pesare solo sulle spalle degli imprenditori».
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