Attualmente, "il 27,5% degli avvocati
dichiara di utilizzare l'Intelligenza artificiale nelle attività
professionali quotidiane" e, tra questi, "l'impiego principale
riguarda la ricerca giurisprudenziale e documentale (19,9%),
confermando" come le soluzioni innovative vengano percepite
"soprattutto come uno strumento di supporto nell'analisi e
gestione delle fonti normative e dei precedenti". Invece, recita
il rapporto Cassa forense-Censis, presentato stamani, a Roma,
nella sede dello stesso Ente di previdenza dei legali, "utilizzo
più contenuto si registra nell'ambito della redazione e
revisione di contratti e documenti legali (5,0%),
nell'automazione delle attività amministrative interne (1,0%) e
nell'analisi predittiva dei casi e nell'elaborazione di
strategie legali (1,2%)".
Residuale, si spiega, è l'adozione dell'intelligenza
artificiale per altre finalità (0,5%). Tuttavia, si evidenzia
nel testo, la maggioranza degli esponenti della categoria
(72,3%) non usa strumenti di intelligenza artificiale. Le
motivazioni di questa scelta "sono molteplici: il 16,3% afferma
di non conoscere o non saper utilizzare tali strumenti, mentre
il 6,4% considera l'investimento iniziale troppo oneroso. Un
dato significativo è rappresentato dal 31,7% di professionisti
che, pur non utilizzando questi strumenti, sta considerando di
adottarla nel prossimo futuro, segno di un interesse
potenziale", si precisa.
Nel complesso, infine, se nel rapporto del 2024 per il 58,7%
degli associati alla Cassa forense l'intelligenza artificiale
veniva percepita come un'opportunità, si avverte "una maggiore
convinzione, fra chi già la utilizza, sul ruolo complementare
dell'applicazione come supporto alle decisioni che l'avvocato
dovrà assumere".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA