"È stato indicato indirettamente di non procedere alla convalida del fermo di Almasri", il generale libico fermato a Torino il 19 gennaio che per il suo rilascio ha scatenato un caso politico. L'Associazione nazionale dei magistrati torna all'attacco del Guardasigilli chiarendo il suo punto di vista sul ruolo della Corte d'Appello di Roma, che ha firmato l'ordinanza per la liberazione del comandante presunto torturatore e su cui pendeva un mandato della Corte penale internazionale per "crimini di guerra e contro l'umanità".
"Si, la Corte d'Appello ha scarcerato. Ma perché? Perché il Procuratore generale in attuazione della legge ha interpretato (il silenzio del ministro della Giustizia ndr) nel modo più rispettoso delle prerogative del governo. Se il ministro sta zitto vuol dire che non si proceda. È stato interpellato più volte", sostiene il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia, le cui parole non si allineano a quanto già affermato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la quale aveva invece detto che la liberazione di Almasri "non è stata una scelta dell'Esecutivo ma è avvenuta su disposizione della magistratura".
Il primo a fornire una versione ufficiale del governo al Senato sulla vicenda era stato la scorsa settimana il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, il quale ha specificato che il libico è stato poi espulso dal territorio italiano perché "soggetto pericoloso". Altri chiarimenti arriveranno mercoledì, quando il titolare del Viminale riferirà nuovamente in Parlamento, fornendo un approfondimento su tutti i passaggi della vicenda, "compresa la tempistica riguardante la richiesta, l'emissione e l'esecuzione del mandato di cattura internazionale, che - dice - è poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico".
In quelle stesse ore il Guardasigilli riferirà sulla vicenda al Copasir. Ma i capigruppo di opposizione del Senato, in una lettera al ministro dei rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, chiedono che a riferire sia Nordio e non Piantedosi: "Già dalla scorsa settimana richiedevamo che in aula fosse la presidente del Consiglio a doverlo fare su un caso che riteniamo molto grave e per il quale la stessa Corte penale internazionale attende chiarimenti dal nostro governo. Qualora non fosse la stessa premier a riferire in Parlamento pretendiamo che sia il ministro della Giustizia Nordio a farlo, come da lui stesso dichiarato in una trasmissione Rai lo scorso venerdì sera, e ad assumersi la responsabilità di una scelta che secondo noi non è giustificata da nessuna ragion di Stato e che ha stracciato ogni regola del diritto internazionale e umiliato lo stato di diritto".
Oltre alla polemica sul generale libico, per l'Anm resta aperto il fronte della riforma della Giustizia, dopo le proteste promosse dal sindacato delle toghe nelle varie Corti d'Appello durante l'inaugurazione del nuovo anno giudiziario.
"Non c'è alcuna interferenza con l'azione politica del governo. In questo momento in cui non c'è una legge, ma solo un progetto di riforma noi riteniamo utile accendere l'attenzione, il faro su questi temi che noi poniamo al centro del dibattito", sottolinea Santalucia.
Ma in un'intervista a La Stampa la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli, di Forza Italia, auspica "un rasserenamento. Anche perché da ieri e fino a martedì ci sono le elezioni per il rinnovo del direttivo dell'Anm, e manifestazioni così forti ed eclatanti aiutano, per così dire, la campagna elettorale. Per quanto ci riguarda noi proseguiremo senza timore nella riforma della giustizia".
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