"Il dubbio sulla presenza di una
cavità in sommità dell'antenna della pila 9" era già nota nel
2011 e "veniva evidenziato in una mail inviata dall'ingegnere
Massimo Meliani (allora responsabile tecnico del primo tronco )
all'ingegnere Maurizio Ceneri (ex dirigente Spea). A dirlo sono
stati i periti nel corso dell'udienza per il crollo del ponte
Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime). Gli esperti hanno discusso
l'integrazione di perizia che il tribunale ha chiesto per
chiarire le cause del disastro. Domani proseguirà l'udienza con
il contro esame delle difese dei 58 imputati.
Dal documento è emerso come sul viadotto andavano fatte
"ispezioni visive con scassi locali" che avrebbero rilevato "le
difformità dal progetto originario". La doverosità delle
ispezioni visive con scassi locali, per i tre superesperti,
nasce anche dalle prime ispezioni che avevano rilevato difetti
alla sommità delle pile 10 e 11 e che "hanno determinato la
necessità di eseguire un intervento di sostituzione degli
stralli per la pila 11 e di rinforzo per la pila 10".
"Considerata la scarsa attendibilità - continuano gli
ingegneri - delle indagini di tipo non distruttivo eseguite nel
tempo sugli stralli dei tre sistemi bilanciati del viadotto
Polcevera, ai fini della individuazione dello stato di
ammaloramento dei cavi degli stralli, l'unica modalità di
verifica era costituita dalle ispezioni visive con scassi
locali/carotaggi". Con questo tipo di ispezioni sarebbe stato
possibile individuare le "modifiche al sistema di tiranti
rispetto al progetto". Si sarebbe così proceduto ad altri
approfondimenti. Il pool di esperti ha poi spiegato che l'entità
della corrosione "non è assolutamente imputabile a fattori
endogeni" e cioè all'acqua e all'ossigeno che sono entrati
dentro il calcestruzzo dalle fessure esterne.
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