MARIO AVAGLIANO E MARCO PALMIERI,
'ITALIANI D'AMERICA' (IL MULINO, PP 552, EURO 32). Nel periodo
compreso fra il 1876 e il 1915 circa 14 milioni di connazionali
scelsero di emigrare dall'Italia e oltre 4 milioni scelsero gli
Stati Uniti, in cerca di fortuna e per sottrarsi a un destino di
miseria in Italia. Un'epopea che ha avuto un impatto
determinante sulla storia culturale, sociale, economica e
politica dell'Italia e degli Usa, che viene ora ricostruita
nell'ultimo lavoro degli storici Mario Avagliano e Marco
Palmieri, 'Italiani d'America'.
Il libro, edito dal Mulino, racconta ed analizza tutti gli
aspetti del fenomeno migratorio, attraverso quello che è ormai
il marchio di fabbrica dei due storici: il ricorso sistematico e
certosino ad una enorme mole di documenti privati e pubblici,
come lettere, cartoline, certificati, articoli giornalistici,
rendiconti parlamentari, poesie, canzoni e brani letterari.
Documenti e testimonianze che, riproposti e incasellati nel
racconto come in un mosaico, formano le mille diverse tessere
che si incastrano perfettamente fra loro per fornire al termine
della lettura un'immagine complessiva, chiara e completa.
Avagliano e Palmieri ripercorrono così ogni diversa
sfaccettatura delle vicende che caratterizzarono la partenza
dall'Italia di una così straordinaria massa di persone: dalle
difficoltà e gli ostacoli prima dell'imbarco, all'Odissea della
traversata, fino al tanto sospirato arrivo 'alla Merica', sempre
in bilico fra la solidarietà di popolo, il sogno di una
rinascita ed il pericolo costante rappresentato da una
altrettanto nutrita folla di imbroglioni e delinquenti, pronti a
sfruttare a proprio vantaggio l'ignoranza e le difficoltà di chi
cercava un futuro oltre Oceano.
Una volta arrivati alla meta, la vista della Statua della
Libertà, che alcuni scambiavano per un simbolo religioso della
Madonna, in molti casi non era l'inizio di una nuova vita
felice, ma solo un nuovo capitolo di un'esistenza fatta di
sfruttamento, duro lavoro, miseria e disperazione. A partire
dagli umilianti controlli a Ellis Island, una volta superati i
quali il Nuovo Mondo presentava subito il conto agli italiani:
una lingua e abitudini sconosciute, il disprezzo degli abitanti
locali, la difficoltà di trovare un'occupazione che permettesse
di sopravvivere, lo sfruttamento da parte di 'boss' e
'banchisti', pronti a depredare quelle povere masse di disperati
rubando i loro risparmi e sfruttando la loro fatica.
A questo si contrapponeva la difficoltà ad integrarsi, il
rifiuto ad imparare la lingua e ad uniformarsi ad usi e costumi
locali, che rappresentava una barriera fra i nuovi arrivati e i
locali. Barriera superata solo col tempo, soprattutto grazie
alle seconde e terze generazioni, in un distacco, e a volte un
rifiuto, delle vecchie tradizioni che poteva sfociare in
violenti contrasti familiari.
La presenza degli italiani in America fu però anche
un'opportunità, sia per il paese d'origine, sia per quello di
arrivo. L'Italia, che prima assecondò le partenze, poi le
ostacolò dopo un repentino cambio di posizione di Mussolini,
godette infatti dei vantaggi economici legati all'invio delle
'rimesse', il fiume di denaro che gli 'americani' mandavano alle
famiglie in Italia, e che sostenevano i consumi e un relativo
benessere nella terra d'origine, dando anche respiro ai conti
pubblici.
Ma pure per la capacità dei migranti di superare ogni tipo di
difficoltà per emergere in tutti i campi: numerosi sono infatti
gli esempi di italiani che 'ce l'hanno fatta' e che popolano
ormai il Pantheon statunitense, dalla politica alle scienze,
dallo sport allo spettacolo.
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