Nel finale della celeberrima Tosca
di Giacomo Puccini la protagonista si lancia nel vuoto dalle
mura di Castel Sant'Angelo lasciando intendere una morte certa.
E se Tosca fosse sopravvissuta al suicidio? Da questa domanda
prende vita "My name is Floria", la nuova opera che il Festival
Aperto di Reggio Emilia ha commissionato alla compositrice
Virginia Guastella, liberamente ispirata alla capolavoro
pucciniano.
Con la direzione musicale di Marco Angius sul podio
dell'Icarus Ensemble e la regia di Luigi De Angelis, "My name is
Floria" andrà in scena in prima assoluta il 16 maggio alle 20 e
il 18 alle 15.30 al Teatro Ariosto di Reggio Emilia inserita
anche nel cartellone del Reggio Parma Festival.
L'azione si svolge ai giorni nostri: il finale pucciniano
viene naturalmente rovesciato e si finge che Tosca sopravviva,
dando così inizio a una nuova storia. Floria è una donna a noi
contemporanea, vittima di un trauma fisico e psicologico,
portatrice di un mondo emotivo complesso e alterato, lontana dai
canoni rappresentativi della donna nel melodramma tradizionale.
Il passato di Floria è fatto di ricordi dolorosi, il presente
di manifestazioni depressive, angosce e proiezioni mentali della
sua personalità multipla. È fatto tuttavia anche di un processo
di condivisione terapeutica con persone di simile condizione,
che le restituirà equilibrio e fiducia. Le varie emergenze
incarnate da quattro interpreti vocali in funzione di ruoli
multipli e coro. Il cast è composto da Maria Eleonora Caminada,
Laura Zecchini, Anastasia Egorova, Danilo Pastore, Giacomo
Pieracci.
"Mi sono chiesta cosa succedesse nella mente di Floria appena
caduta, ancora distesa a terra, schiacciata contro l'asfalto. -
spiega Virginia Guastella - L'altezza, misurabile in metri da
cui si può cadere non è mai stata al centro della mia
riflessione. Doveva esserci una condizione di sofferenza e una
caduta, il farsi male e basta. Un male psicologico, emotivo,
fisico. Una condizione di trauma con una storia alle spalle da
raccontare. Una storia, però (qui una differenza sostanziale per
diventare un'opera di teatro musicale, la mia) di cui grossa
parte di noi è stata spettatrice e partecipe".
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