Un tribunale cileno ha deciso oggi la riapertura delle indagini sulla morte del poeta cileno Pablo Neruda. Lo ha reso noto Radio Cooperativa. Nel dicembre scorso la giudice cilena Paola Plaza aveva chiuso il caso riguardante la morte di Neruda dopo aver respinto le richieste di parte del Partito comunista (Pc) e dei famigliari del Premio Nobel della Letteratura per una riapertura delle indagini al fine di verificare se vi fossero responsabili del decesso avvenuto alcuni giorni dopo il golpe nel 1973.
Plaza definì "irrilevanti" le ragioni con cui le parti chiedevano ulteriori indagini e assicurato che "lo Stato ha utilizzato per scoprire la verità tutte le risorse disponibili, compreso l'intervento di esperti nazionali e stranieri e l'uso di tecnologie senza precedenti nelle indagini penali, oltre
all'ottenimento di testimonianze, vari tipi di perizie, ricerca di documenti e rapporti di polizia".
In rappresentanza dei nipoti di Neruda l'avvocato Magaly Reyes, la giudice aveva chiesto di ripristinare il caso per tre ragioni principali: il certificato di morte, che "registra una causa di morte inesistente, ovvero la 'cachessia tumorale'"; la storia dell'ex autista del poeta, Manuel Araya, che dichiarò di sospettare un omicidio, e le dichiarazioni inconcludenti degli allora funzionari della Clinica Santa Maria, dove morì il 23
settembre 1973.
Araya, con Manuel Luna, avvocato del Pc, aveva chiesto di effettuare una meta-perizia "che permetta di interpretare correttamente i risultati della perizia svolta per questo caso da scienziati delle Università di McMaster e di Copenaghen".
Neruda morì un giorno prima di recarsi in Messico, dove accettò di andare in esilio con la moglie Matilde Urrutia. Il poeta era stato ricoverato alla Clinica Santa Maria di Santiago - più per ragioni di sicurezza che per il cancro alla prostata che lo affliggeva - dopo che la sua casa era stata brutalmente perquisita dai militari.
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