Quello delle Foibe è un capitolo della storia italiana "colpevolmente rimosso", un tragico silenzio che può essere definito "un occultamento della storia". Non poteva essere più chiaro il presidente della Repubblica nell'affrontare uno dei temi più controversi della storia repubblicana, quello delle Foibe e dell'esilio di circa 300 mila esuli istriani costretti a lasciare le loro case dalla fine della guerra e negli anni successivi.
"Una pagina buia" l'ha definita Sergio Mattarella celebrando al Quirinale il giorno del Ricordo attraverso un intervento calibrato nel ricordo delle responsabilità ma tutto teso a chiudere definitivamente decenni di polemiche politiche che hanno contrapposto destra e sinistra. Quindi dal presidente viene una decisa condanna dei crimini comunisti del maresciallo Tito ma anche un inevitabile richiamo ai precedenti indegni del fascismo prima e del nazismo poi.
"Nelle zone del confine orientale, dopo l'oppressione fascista, responsabile di una politica duramente segregazionista nei confronti delle popolazioni slave, e la barbara occupazione nazista, si instaurò la dittatura comunista di Tito, inaugurando una spietata stagione di violenza contro gli italiani residenti in quelle zone", ha spiegato il presidente davanti alla premier Giorgia Meloni, ai presidenti di Camera e Senato e diversi ministri del governo. Meloni non ha commentato il discorso di Mattarella ma poco prima aveva fatto sapere che ricordare è "un dovere".
"Ciò che è successo ai fiumani, agli istriani e ai dalmati" è una storia "che ha sconfitto la congiura del silenzio e che nessun tentativo negazionista o giustificazionista potrà mai più nascondere o cancellare". Premier che ha avuto anche un momento di commozione, rubato dalle telecamere, ascoltando la testimonianza di Egea Haffner, esule di Pola, cioè la bambina con la valigia" nella foto del 1946 diventata il simbolo dell'esodo giuliano-dalmata. Ecco perché Mattarella ha liquidato con poche parole gli atti di quanti, ancora oggi, perdono tempo a vandalizzare i monumenti a ricordo delle Foibe: "nessuna squallida provocazione può ridurne ricordo e dura condanna".
Quella di Mattarella è un'operazione di verità storica che deve essere ascoltata con attenzione sia da destra che da sinistra. Il presidente infatti sottolinea che i titini se la presero anche "con gli antifascisti, i compagni di ideologia: di fronte al proposito del nuovo regime jugoslavo di sovranità sui territori giuliani l'essere italiano diveniva un ostacolo, se non un colpa". Se la destra parla ancora di negazionismo il presidente che tanto si è speso per una nuova stagione di relazioni con la Slovenia, oggi punta a qualcosa di diverso e chiede un passo in avanti. "La memoria delle vittime deve essere preservata e onorata", ha premesso. Per poi aggiungere: "naturalmente - dopo tanti decenni e in condizioni storiche e politiche profondamente mutate - perderebbe il suo valore autentico se fosse asservita alla ripresa di divisioni o di rancori". Divisioni che persistono e lacerano il tessuto sociale e ne fiaccano il ricordo.
"Per anni, una certa sinistra ha negato, minimizzato, giustificato. Ancora oggi, qualcuno tenta di riscrivere la storia", ha scritto il vice-premier Matteo Salvini parlando degli eccidi di quegli anni. Ma non è quello che intende il capo dello Stato, o almeno ne è solo una parte. Infatti aggiunge: "abbiamo appena ascoltato alcuni testimoni diretti di quella tragedia, Egea Haffner e Giulio Marongiu. Dobbiamo loro affetto e riconoscenza. Nelle esemplari parole che ci hanno offerto, si coglie un forte ammonimento per la pacificazione e la riconciliazione". Basta divisioni e basta strumentalizzazioni, è il messaggio, perchè la storia parla chiaro e gli anni dal 45 devono essere letti con la consapevolezza di quanto accadde poco prima con il nazifascismo. "Ricordo non vuol dire né recriminazione né tantomeno revanscismo", ha chiosato il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
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