(di Laura Valentini)
Prende il via nella storica Sala
Paolina II della Galleria della Biblioteca dei Musei Vaticani il
nuovo allestimento della Collezione di Mosaici Minuti del polo
museale con il titolo "Nostalgia e invenzione", ispirato alla
raccolta di studi sulle arti decorative del Settecento di Alvar
González-Palacios, lo studioso di origine cubana massimo
conoscitore della materia. Per González-Palacios l'arte italiana
è "un continuo susseguirsi di nuove ideazioni e di ancestrali
rimpianti", definizione che ben si riflette nel micromosaico
romano del XVIII secolo, nato tra suggestioni neoclassiche e
nuovi linguaggi figurativi. Il progetto espositivo dei Musei
Vaticani, da oggi aperto al pubblico, trova sede nella Galleria
della Biblioteca, dove le opere sono state collocate all'interno
degli originali armadi settecenteschi, arredi storici nati per
custodire il sapere, ora trasformati in scrigni per accogliere
l'arte del dettaglio. Una scelta dal significato preciso,
pensata per inserire il micromosaico nel suo universo
originario: quello della meraviglia privata, della
contemplazione silenziosa, dell'oggetto prezioso da scoprire da
vicino. Come osserva Alvar González-Palacios "quel che si cerca
negli oggetti a cui accenniamo non è tanto la loro realtà fisica
quanto l'evocazione di un ideale poetico che è in noi senza che
ne siamo del tutto coscienti".
"Il micromosaico è una delle espressioni più sorprendenti
dell'ingegno e della sensibilità artistica italiana", spiega
Barbara Jatta, Direttrice dei Musei Vaticani. "Con questo nuovo
allestimento, i Musei Vaticani confermano il loro impegno nella
valorizzazione delle arti applicate, restituendo al pubblico uno
sguardo rinnovato su una collezione unica al mondo."
Il micromosaico romano del XVIII secolo, nato tra suggestioni
neoclassiche e nuovi linguaggi figurativi è una forma d'arte che
affonda le radici nella Basilica di San Pietro, dove, alla fine
del Cinquecento, nacque lo Studio del Mosaico Vaticano, con
l'obiettivo di sostituire i dipinti con opere musive più
durature. Da quella tradizione monumentale si sviluppa il
micromosaico: tecnica minuziosa applicata dapprima ad oggetti di
lusso, diventata in seguito emblema del gusto cosmopolita del
Grand Tour.
"Il mosaico minuto o micromosaico, nell'accezione comune
odierna, fiorì a Roma nel tardo Settecento per diffondersi in
brevissimo tempo in tutta Europa e oltre. La sua diffusione
internazionale, favorita dai doni pontifici a diplomatici e
sovrani, lo rese un oggetto estremamente ambito", sottolinea
Luca Pesante, Responsabile del Reparto Arti Decorative dei Musei
Vaticani.
La collezione dei micromosaici dei Musei Vaticani testimonia la
raffinatezza di un'arte capace di trasformare minuscole tessere
di smalto in visioni di grande potenza espressiva.
Ispirato al gusto neoclassico per l'allegoria e l'antico, con
l'affermarsi delle vedute di Roma e della campagna vicina alla
città, il micromosaico acquisì un'identità sempre più 'romana'.
Nel 1795 la Fabbrica di San Pietro ne ufficializzò la
produzione, affiancandolo al mosaico 'in grande'. Tanto che nel
1804 Antonio Canova fu incaricato di scegliere alcuni oggetti
preziosi che papa Pio VII avrebbe portato con sé a Parigi, in
occasione dell'incoronazione di Napoleone, per farne dono ai
sovrani e ai membri della famiglia imperiale. Nell'elenco,
ancora oggi conservato negli archivi, si trovano moltissime
scatole, bracciali e quadrucci decorati in mosaico minuto, per
un ammontare di 14.000 scudi, una somma astronomica per l'epoca.
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