(di Paolo Petroni)
Ecco una serata che delizia lo
spettatore, tre atti unici in cui Cechov lavora sulla sua vena
più comica messi in scena da un Peter Stein (87 anni) in stato
di grazia che torna a lavorare sulla risata a 50 anni da un suo
Labiche. E lo fa con una lettura musicale dei tre testi, riuniti
sotto il titolo 'Crisi di nervi' al Teatro Quirino fino all'11
maggio, lavorando sui ritmi e giocando con le variazioni sui
temi, nel discorso complessivo e in quello di ogni parte,
davanti a un pubblico molto divertito e che applaude poi
calorosamente a lungo.
Unica scenografia, con qualche sedia o un tavolinetto e un
divano, è una parete di fondo, quasi uno schermo, oppure se
vogliamo una lavagna su cui si stagliano gli attori che,
comparendo in scena, disegnano i personaggi nella loro realtà
quotidiana, nelle loro debolezze e caratteri, alle prese
complicate con i propri sentimenti difficili da confessare, che
evitano il grottesco per risultare paradossali nella loro
comica, in fondo fragile, umanità. E questo grazie al lavoro
meticolosamente fatto con gli interpreti sin nei particolari,
per questa costruzione dove basterebbe uno sfasamento per far
crollare tutto. Ciò è possibile anche perché ha costruito un
gruppo di attori con cui lavora insieme da tempo, a partire da
Maddalena Crippa, anche sua compagna di vita, a Sergio Basile e
Gianluigi Fogacci, tutti di sperimentata bravura e qui veramente
straordinari ognuno nel suo tormentone, nella fisicità dei tic e
negli eccessi di carattere, sino a arrivare a suscitare la
risata, ma senza mai superare i limiti.
Ecco l'atmosfera nera, luttuosa, e la vicenda che nasce dal
silenzio della apparentemente dura e ferrea vedova Popova
(Crippa) "con due fossette sulle guance" come annota Cechov,
reclusa davanti al ritratto del marito (che, nel momento clou,
finirà colpito da uno sparo) nell'opporsi alla veemenza,
rabbiosità e ardore dello sguaiato nobile Smirnov (Basile) che
dà il titolo al pezzo, 'L'orso', mentre un filo comico è
affidato come da tradizione all'anziano servitore Lika
(Alessandro Sampaoli) e uno dei temi è la contrapposizione tra
denaro e stato d'animo. Segue il divagare e raccontarsi in
pubblico, mentre dovrebbe tenere una conferenza su 'I danni del
tabacco', del pover'uomo Njuchin (Fogacci) che l'autore
definisce solo "marito di sua moglie", il quale finisce per
rivelare la propria insofferenza coniugale e mostrare la propria
impotenza. Anche qui Stein gioca sul finale, creando una
situazione rivelatrice e comica alla seconda versione del testo,
cui comunque ha aggiunto le crisi respiratorie della prima,
attribuendole alle prese di quel tabacco da cui dovrebbe mettere
in guardia. Infine le ansie che diventano impacci fisici del
giovane Lomov (Alessandro Averone) e della figlia Natalja
(Emilia Scatigno, una scoperta) dell'apprensivo Cubukov
(Basile), tra i quali due scoppiano aspri litigi di principio
che rimandano la domanda di matrimoni dell'uno all'altra, sino
alla fine, quando questa avviene all'interno dell'ennesimo
bisticcio in una girandola di schiaffi e baci.
C'è una contrapposizione tra denaro e stato d'animo, un
prevalere degli istinti sulla difficoltà di parlare di
sentimenti, un somatizzare le proprie difficoltà e anche un bel
patriarcato di fondo, che fanno ridere ma dovrebbero far pure
pensare, visto che hanno qualcosa anche di molto moderno, stando
alle cronache d'oggi.
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