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Comicità e umanità di Stein nei tre atti unici di Cechov

Comicità e umanità di Stein nei tre atti unici di Cechov

Ottimo e divertente lavoro sull'incontro-scontro uomini-donne

ROMA, 30 aprile 2025, 17:14

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Paolo Petroni) Ecco una serata che delizia lo spettatore, tre atti unici in cui Cechov lavora sulla sua vena più comica messi in scena da un Peter Stein (87 anni) in stato di grazia che torna a lavorare sulla risata a 50 anni da un suo Labiche. E lo fa con una lettura musicale dei tre testi, riuniti sotto il titolo 'Crisi di nervi' al Teatro Quirino fino all'11 maggio, lavorando sui ritmi e giocando con le variazioni sui temi, nel discorso complessivo e in quello di ogni parte, davanti a un pubblico molto divertito e che applaude poi calorosamente a lungo.
    Unica scenografia, con qualche sedia o un tavolinetto e un divano, è una parete di fondo, quasi uno schermo, oppure se vogliamo una lavagna su cui si stagliano gli attori che, comparendo in scena, disegnano i personaggi nella loro realtà quotidiana, nelle loro debolezze e caratteri, alle prese complicate con i propri sentimenti difficili da confessare, che evitano il grottesco per risultare paradossali nella loro comica, in fondo fragile, umanità. E questo grazie al lavoro meticolosamente fatto con gli interpreti sin nei particolari, per questa costruzione dove basterebbe uno sfasamento per far crollare tutto. Ciò è possibile anche perché ha costruito un gruppo di attori con cui lavora insieme da tempo, a partire da Maddalena Crippa, anche sua compagna di vita, a Sergio Basile e Gianluigi Fogacci, tutti di sperimentata bravura e qui veramente straordinari ognuno nel suo tormentone, nella fisicità dei tic e negli eccessi di carattere, sino a arrivare a suscitare la risata, ma senza mai superare i limiti.
    Ecco l'atmosfera nera, luttuosa, e la vicenda che nasce dal silenzio della apparentemente dura e ferrea vedova Popova (Crippa) "con due fossette sulle guance" come annota Cechov, reclusa davanti al ritratto del marito (che, nel momento clou, finirà colpito da uno sparo) nell'opporsi alla veemenza, rabbiosità e ardore dello sguaiato nobile Smirnov (Basile) che dà il titolo al pezzo, 'L'orso', mentre un filo comico è affidato come da tradizione all'anziano servitore Lika (Alessandro Sampaoli) e uno dei temi è la contrapposizione tra denaro e stato d'animo. Segue il divagare e raccontarsi in pubblico, mentre dovrebbe tenere una conferenza su 'I danni del tabacco', del pover'uomo Njuchin (Fogacci) che l'autore definisce solo "marito di sua moglie", il quale finisce per rivelare la propria insofferenza coniugale e mostrare la propria impotenza. Anche qui Stein gioca sul finale, creando una situazione rivelatrice e comica alla seconda versione del testo, cui comunque ha aggiunto le crisi respiratorie della prima, attribuendole alle prese di quel tabacco da cui dovrebbe mettere in guardia. Infine le ansie che diventano impacci fisici del giovane Lomov (Alessandro Averone) e della figlia Natalja (Emilia Scatigno, una scoperta) dell'apprensivo Cubukov (Basile), tra i quali due scoppiano aspri litigi di principio che rimandano la domanda di matrimoni dell'uno all'altra, sino alla fine, quando questa avviene all'interno dell'ennesimo bisticcio in una girandola di schiaffi e baci.
    C'è una contrapposizione tra denaro e stato d'animo, un prevalere degli istinti sulla difficoltà di parlare di sentimenti, un somatizzare le proprie difficoltà e anche un bel patriarcato di fondo, che fanno ridere ma dovrebbero far pure pensare, visto che hanno qualcosa anche di molto moderno, stando alle cronache d'oggi.
   

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